In questi giorni stiamo assistendo all’evolversi di una protesta collettiva, ma dai toni civili, dei diversi ristoratori gragnanesi che si sono visti chiudere nelle ultime settimane i loro locali da parte del nucleo antisofisticazioni e sanità dei Carabinieri; locali a cui sembrerebbe essere stata pertanto revocata l’agibilità chi per un motivo, chi per un altro. Da più parti si sono levati cori di proposte e risoluzioni: dalla ridefinizione della zona rossa, all’approvazione in Consiglio comunale di un provvedimento ad hoc di modifica di un articolo del regolamento urbanistico comunale, alla convocazione di conferenze di servizio, finanche a prospettare l’arrivo di alcuni milioni di euro per la messa in sicurezza del territorio. Tante buone e discrete idee che restano tali. Perché il punto è che siamo in presenza di una problematica oggettivamente difficile; una problematica che va affrontata con intenti risolutivi caso per caso. È strutturalmente necessario un intervento a carattere definitivamente risolutore, e non in termini di deroghe, proroghe o quant’altro, altrimenti si rischia una continua reiterabilità del problema che non apporta sicuramente nessun beneficio di medio-lungo termine. Anzi, ne perde la stessa città di Gragnano in termini di credibilità e immagine socio-turistica. L’unica via di uscita, pur non omettendo il dovere assoluto di provare a risolvere caso per caso, è quello di uno spostamento delle stesse attività. È vero ciò apporterebbe una ulteriore incidenza economica del problema, ma sembra allo stato attuale l’ipotesi che garantirebbe una risoluzione a carattere definitivo. Ma non solo. Questo scenario deve essere contestualizzato nella necessità direi ormai urgentissima, dell’adozione da parte dell’Ente Comune di un nuovo Piano Urbanistico Comunale (PUC), un nuovo strumento urbanistico col quale si può oggettivamente promuovere l’intero territorio cittadino e la stessa ristorazione, prevedendo magari, come leva e incentivo per i soggetti colpiti dalle recenti chiusure, la possibilità di premi volumetrici nel caso della realizzazione di nuovi locali. In conclusione, occorre un tavolo tecnico di esperti in materia di pianificazione del territorio, al fine di offrire una concreta risposta alle diverse problematiche ambientali, strutturali e paesaggistiche di Gragnano, tra cui il caso pizzerie rientra appieno. Non ultimo, un nuovo strumento urbanistico permetterebbe l’immediata ricostruzione anche dei circa 700 vani abbattuti o abbandonati dal terremoto del 1980, con non trascurabili benefici economici e di indotto. Bisogna pertanto mettere da parte una politica del laissez faire, e assumere un atteggiamento di reale progettualità del territorio. Perché è soltanto una gestione amministrativa progettuale e lungimirante che può fare il bene di Gragnano.
Nicola Ruocco