Ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini che oggi non siamo in una “nuova tangentopoli” e nemmeno all’edizione 2010 di “Mani pulite” che spazzò via i partiti. I protagonisti della cronaca sporca della protezione civile di Bertolaso e dintorni non si accaparrano la gestione dei drammi, delle catastrofi, delle calamità naturali, delle tante ribattezzate “emergenze” o più solennemente “eventi” (sono state 330 le ordinanze di gestione nel primo governo Berlusconi dal 2001 al 2006, 46 con Prodi ed oltre 250 nel primo scorcio del governo in carica), per prendere soldi da distribuire anche ai partiti. Sono solo dei mariuoli, ha spiegato Fini, che non prendono per il partito ma unicamente per tornaconto personale.
Sembrerebbe, dunque, che una volta si rubava per far politica, oggi, invece, si fa politica per rubare.
Nulla di sostanzialmente nuovo, si obietterà, quindi perché sforzarsi di capire ciò che Fini, da politico di destra, serio, lungimirante ed equilibrato (per questo non piace più a molti suoi ex amici) ha spiegato molto bene? Nelle parole di Fini può leggersi, neanche tanto in controluce, un’altra preoccupante verità: non si ruba per i partiti perché i partiti e la politica “non esistono”, perché non hanno strutture, regole e finalità riconducibili a scopi democratici, sono sempre più entità astratte dalla vita reale del Paese, sono sigle, convenzioni, strumenti personali utilizzati per gli scopi personali di pochi che dicono di agire per conto di tanti (gli elettori). Sono semplicemente cadaveri.
L’arroganza, l’onnipotenza e il senso di impunità del governo del “fare” (tanto di destra come di sinistra) ha trovato un sua perversa sublimazione nella logica dell’agire “in emergenza”, in modo da velocizzare, semplificare e spesso aggirare quasi tutte le regole della legalità e del buon fare.
Così è diventata “emergenza” persino la gestione dei festeggiamenti per l’anniversario della nascita di San Giuseppe da Cupertino, la riesumazione delle spoglie di Padre Pio e la gestione degli scavi di Pompei, dove, in tutta fretta e male, si stanno spendendo 40 milioni di euro, aspettando che arrivi il “principe” a cui mostrare i risultati e magari dedicare una casa appena scavata come si faceva nei secoli scorsi.
Oggi che l’emergenza nella pubblica amministrazione è come riparare ai danni delle attuali gestioni in emergenza (e non solo) e come bloccare le altre che si prospettano, per non continuare a sottrarre soldi alle vere, improvvise e sempre drammatiche emergenze (e vere necessità), occorre fermare i carri carnevaleschi delle allegre e dispendiose gestioni di grandi affari pubblici. Questa giostra mortale per l’economia e la democrazia non potrà fermarla (figuriamoci!), certamente la protezione civile di Bertolaso e nemmeno ciò che resta del mondo politico, intasato dai cadaveri dei partiti ancora senza sepoltura, dove cinicamente e famelicamente si aggirano i mariuoli del presente che soffocano le prospettive del futuro.
Finanche la Corte dei Conti, in apertura dell’anno giudiziario ha definito la corruzione un ”tumore maligno” contro il quale non ci sono ”anticorpi” nella pubblica amministrazione e che con gli anni addirittura sembra peggiorare. Nel 2009 le denunce per corruzione sono infatti aumentate del 229%, mentre per concussione del 153%. Anche la Corte sembra alzare le mani e con allarmante sconforto parla della “necessità di recuperare senso etico”, perchè “se non c’è senso etico nell’agire – ha detto il presidente della magistratura contabile Tullio Lazzaro – non bastano mai i giudici, i carabinieri o le altre forze dell’ordine a combattere questo male”.
Antonio Irlando