Sciopero elettorale per il cambiamento?

Siamo davvero in una bruttissima fase della vita del grande paese Italia. Non è pessimismo e nemmeno disfattismo. E’ soltanto profonda amarezza per un presente in grave stato confusionale ed un futuro di cui non si vedono i contorni.

In quale Paese democratico del mondo si è mai sentito il capo del Governo urlare frasi del tipo “E’ un sopruso, il popolo saprà abbattere il regime”, come se a governare fossero altri? 

In quale Paese democratico del mondo  il Consiglio superiore della magistratura è costretto a scrivere uno sferzante documento per denunciare “affermazioni che gettano discredito sulla magistratura in quanto provengono dal massimo rappresentante del potere esecutivo” e per chiedere che “sia ristabilito un clima di rispetto dei singoli magistrati e dell’intera magistratura, condizione imprescindibile di un’ordinata vita democratica”?

Tutto questo mentre la crisi economica avanza e il numero dei disoccupati pure.  

Intanto l’opposizione che fa? Continua a dimostrare di non esistere e quando prova a mostrarsi è per esibirsi in pochezze, snobbismo e frantumazione, anche quando il tema di cui si occupa è il sesso degli angeli che, francamente, non interessa a chi vive quotidianamente tra grandi problemi e nessuna speranza del futuro.

I Vescovi italiani (non ancora tutti con la stessa intensità e con ancora pochi parroci al seguito) del sud Italia sono ormai in prima linea quotidianamente (dopo il recente allarmato documento della Conferenza episcopale italiana) nel denunciare l’inadeguatezza dell’intera classe politica e stimolare il popolo della chiesa ad essere contagiosa cittadinanza attiva.

Don Riboldi, vescovo emerito di Acerra, propone uno “sciopero elettorale per dare un forte segnale di cambiamento” ed ancora che “bisogna tagliare i ponti, anche quelli tra le nostre chiese e la cultura mafiosa che spesso dimostra di essere devota, è necessario però che i cristiani al sud, ha aggiunto don Riboldi, devono svegliarsi mentre oggi sono continuamente assistiti”.

Il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, ha una proposta per attivare la partecipazione delle comunità locali. “Basta con le prese di posizione ovattate. Ogni comunità, ogni parrocchia, ogni diocesi scelga un argomento in relazione alla situazione del proprio territorio e agisca: pizzo, usura, corruzione della politica, mafia devota che offre soldi per le feste popolari. Però, bisogna essere pronti a pagare di persona”.  

Francesco Montenegro, vescovo di Agrigento sostiene che qualche provocazione può favorire la riflessione: “Io non ho messo i Re Magi nel presepe, spiegando che sono stati respinti alla frontiera come clandestini. È servito alla gente per rendersi conto in quale Paese stralunato dall’ossessione per la sicurezza stiamo vivendo. Proporrò di abolire ogni festa religiosa nei paesi dove si contano gli omicidi. Il sacro non basta per ritenersi a posto, se poi nessuno denuncia, e la cultura mafiosa è l’unica ammessa”.

Chi oggi è impegnato nella campagna elettorale si è accorto di tanto malessere diffuso? A giudicare dai temi della cronaca non si direbbe. Il paese reale non è della politica che vive colpevolmente in una sua dimensione astratta, peraltro brutta, dove la vita, con i bisogni e le speranze del paese reale, è del tutto assente. E’ forse veramente il caso di attuare un purificante sciopero elettorale?

Antonio Irlando

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Da sempre abituato a vivere con il Gazzettino vesuviano in casa, giornale fondato pochi anni dopo la sua nascita dal padre Pasquale Cirillo. Iscritto all'ordine dei giornalisti dal 1990, ricorda come suo primo articolo di politica un consiglio comunale di Boscotrecase, aveva 16 anni. Non sa perchè gli piace continuare a fare il giornalista, sa solo che gli piace, e alle passioni non si può che soccombere. "Il mestiere più bello del mondo".