I recenti isterismi scaturiti da un infondato allarmismo, amplificato dai media e dai social network, su una fantomatica previsione di un sisma che avrebbe dovuto colpire il napoletano la notte dello scorso 12 marzo, ci danno la giusta misura di quanto la popolazione vesuviana sia angosciata dal pensiero del rischio sismico, e di quanto sia carente la reale conoscenza del fenomeno terremoto e dei rischi e problemi che esso comporta. A colmare questo vuoto di sapere ci ha pensato il Centro Musei delle Scienza Naturali di Napoli che ancora una volta si è proposto come formidabile e alternativo mezzo per l’educazione sociale, capace di sopperire alla ormai cronica mancanza di efficacia educativa dei programmi scolastici e dei mass media, promuovendo e favorendo la diffusione del corretto sapere scientifico. Queste le motivazioni che fanno da premessa alla conferenza “Terremoti dove e perché” del prof. Giuseppe Luongo Ordinario di Fisica del Vulcanismo alla Facoltà di Scienze dell’Università di Napoli Federico II, tenutasi nel suggestivo scenario del Real Museo Mineralogico. Il prof. Luongo, alla presenza di un nutrito pubblico costituito prevalentemente da giovani studenti, ha spiegato che un terremoto è uno scuotimento del suolo provocato dalla propagazione delle onde sismiche da un punto all’interno della Terra fino in superficie. Tale scuotimento produce le vibrazioni degli edifici fino al crollo quando le oscillazioni raggiungono valori elevati, superiori ai limiti del collasso della struttura. Per i terremoti di grande energie possono osservarsi anche fratture al suolo e frane. Questa è l’immagine del terremoto, a tutti ormai ben nota per il diffondersi, nei tempi recenti, delle immagini delle grandi catastrofi sismiche a mezzo della televisione ed internet. Un fenomeno di tale natura, che irrompe improvvisamente, con una capacità distruttiva devastante, fa paura a chi sa o tema di vivere in un’area a rischio. L’assoluta mancanza di conoscenza del fenomeno, anche in termini elementari, amplifica la paura e la mente di chi è vittima di tale sentimento genera spesso scenari di catastrofe apocalittiche totalmente irreali. Per non essere vittima di questa condizione è necessario avere una conoscenza del terremoto meno fantasiosa. Cosa conosciamo del terremoto? Innanzitutto sono note le aree dove questi si verificano e conosciamo anche quale sia il processo che li generano. I terremoti sono localizzati nel guscio più esterno della Terra e la loro distribuzione si spinge, in alcune aree, fino ad una profondità massima di circa 700 km. La loro distribuzione disegna delle fasce sulla superficie della Terra che corrispondono, in gran parte, alle zone montuose del sistema Alpino-Himalaiano, Montagne Rocciose, Ande. Sarà la Teoria della Tettonica a Zolle negli anni ’60 del secolo scorso a fornire l’interpretazione sia della formazioni di tali catene che della sismicità. Secondo tale teoria il guscio più esterno della Terra (Litosfera), è diviso in zolle rigide in moto l’una rispetto all’altro a causa dell’azione di moti convettivi negli strati più profondi che hanno le caratteristiche di fluidi ad elevata viscosità. Tali moti convettivi si sono instaurati a causa della instabilità termica del mezzo per il calore interno della Terra originario e quello prodotto dal decadimento radioattivo. Le zolle possono separarsi, scorrere l’una accanto all’altra, muoversi l’una contro l’altra. Ai confini tra le zolle le forze tettoniche producono fratture nelle rocce e queste generano i terremoti. Le forze più intense agiscono ai limiti delle zolle in compressione ed in queste aree si registrano i terremoti di maggiore energia. Queste condizioni si osservano lungo i margini dell’Oceano Pacifico (Indonesia, Filippine, Giappone, Kurili, Kamchatka, Aleutine, Alaska, Montagne Rocciose, California, Centro America, Caraibi, Ande, Nuova Zelanda, Isole del Pacifico, Papua-Nuova Guinea) e lungo la fascia Alpino-Himalaiana (Mediterraneo, Medio Oriente, Iran, Himalaia, Cina). Le rocce, quindi, sottoposte all’azione delle forze tettoniche, si deformano, accumulano energia elastica e la liberano sotto forma di onde sismiche quando si fratturano. Attraverso la registrazione di tali onde da parte delle stazioni sismiche distribuite sulla superficie della Terra e collegate in una Rete Globale è possibile diffondere in meno di un’ora tutti i dati preliminari sui parametri del terremoto: localizzazione dell’ipocentro, meccanismo della rottura delle rocce, magnitudo, dimensione della faglia generatrice del terremoto. Inoltre se il terremoto è di grande energia ed avviene nel fondo dell’oceano scatta il sistema di allarme per lo tsunami lungo le coste. Infine le immagini satellitari forniscono un quadro dettagliato degli effetti del sisma sugli edifici e al suolo nella zona epicentrale. Tutto ciò non basta per difenderci dal terremoto e nell’impossibilità di una sua previsione per la complessità del fenomeno, pertanto per aumentare il livello di sicurezza nelle aree sismiche le costruzioni seguono le norme ad hoc per resistere alle sollecitazioni sismiche. Gli studi statistici effettuati sui dati storici della sismicità di una determinata regione consentono di definire la probabilità di accadimento di un evento di determinata magnitudo in un intervallo di tempo definito. In tal modo la superficie della Terra può essere zonata in base alla frequenza e all’energia dei sismi statisticamente attesi in futuro. Un progresso significativo nella difesa dei terremoti può ottenersi attraverso una più approfondita conoscenza delle sorgenti dei terremoti (faglie) e dei fenomeni di amplificazione delle oscillazioni del suolo secondo la natura geologica e degli strati più superficiali interessati dalle fondazioni degli edifici e delle opere infrastrutturali. Infine lo studio delle crisi sismiche di moderata energia, che talvolta anticipano un evento sismico di elevata intensità, potrebbero essere promettente per una previsione a breve termine del sisma catastrofico. Questa è la sfida da lanciare per difendersi dai terremoti unitamente alle tecniche ingegneristiche più avanzate per rendere più sicuri gli edifici.
Ferdinando Fontanella