Oltre 120 mila persone ogni anno lasciano il sud e di queste un quinto sono laureate. Lo fanno, naturalmente, per la disperata ricerca di un lavoro. L’Istat registra il dato nazionale della disoccupazione in aumento di due punti e mezzo rispetto allo scorso anno. Ora siamo al 27 per cento di disoccupazione giovanile, ma al sud dell’Italia il dato aumenta di 5 punti rispetto alla media.
La precarietà del lavoro è una regola molto diffusa. Sentiamo spesso affermare che l’occupazione è aumentata, ma il dato è un bluff. Infatti, nell’80 per cento dei casi, è riferito ad occupazione precaria che non dura più di un anno.
La crisi del lavoro (con il 30% degli occupati che lo ha perso) è la conseguenza della crisi del sistema economico e produttivo. Il dramma è epocale, al sud è una tragedia. Il futuro che un giovane di buona volontà riesce ad immaginare è di cortissima prospettiva. Le potenzialità territoriali ed imprenditoriali, lo dicono in tanti, al sud non mancano come anche i potenti nemici dello sviluppo. Il credito è talvolta inaccessibile alle nuove imprese e i progetti di sviluppo europeo, gestiti dalle regioni del sud, hanno sia le gambe corte rispetto alla corsa per il futuro, che politici e funzionari pubblici incapaci di spendere, sin qui, oltre 20 miliardi di fondi europei.
“Il lavoro è un bene per l’uomo, per la famiglia e per la società, ha detto recentemente il Papa agli industriali e le imprese romane, e prioritario deve essere l’obiettivo di assicurare a tutti un’occupazione dignitosa, perché il lavoro è fonte di libertà e di responsabilità”
Su questi temi che dovrebbero essere le forti motivazioni da cui far scaturire prioritarie ed utili iniziative per lo sviluppo e il lavoro, ancora una volta le politiche di governo, nazionale e locale, sono in forte ritardo nel predisporre opportunità e certezze accessibili a tutti, lasciando al merito individuale la possibilità di affermare un progetto e un’idea imprenditoriale.
E’ appena finita un’importante tornata elettorale per il rinnovo dei governi delle regioni d’Italia ed è andata come tutti sapranno. Al nord il Paese, nonostante Berlusconi, sarà governato dalla lega. Il “partito del territorio” ha la fiducia della maggioranza della gente del Nord. Non si è mai sentita tradita e continua a rinnovarle ed accrescerne i consensi, nonostante il giudizio negativo che arriva verso iniziative di governo che tendono a dividere l’Italia. In Campania è stato appena eletto un governo di centro destra che ha dovuto incassare la provocazione di un ministro leghista (Maroni) che ha parlato della necessità di esportare al sud il “modello lega Nord” per uscire dalla palude del malgoverno.
Sembra, dunque, già dalle prime avvisaglie, che sui temi drammatici del lavoro e dello sviluppo, vi è carenza d’iniziativa politica ed ancora una volta la Campania sarà un teatrino della politica, dove loschi figuri proporranno formule astratte inadatte a produrre utili e solidali risultati concreti di cui, invece, si ha grande ed urgente necessità.
Antonio Irlando