Il Vesuvio “da rischio a risorsa”.

È stato questo il tormentone della politica regionale, provinciale e locale negli ultimi anni.
L’unica cosa che non avevamo capito era che la risorsa della quale si parlava non era quella turistica, ambientale; non era il tesoro naturalistico che è sotto gli occhi di tutti; non erano l’aria pura, le eccellenze della tavola nostrana e il grande richiamo che esercitano i prodotti tipici della “Montagna”. Non era neanche la valenza culturale del vulcano più famoso al mondo, quello raffigurato con irruente potenza cromatica dal genio di Andy Warhol.
Dopo aver osservato un punto interrogativo grande quanto una casa piantato nei nostri timori più pressanti, non ci resta che concludere che, evidentemente, la risorsa della quale la politica ci parlava era semplicemente quella data dalla logistica delle antiche cave vesuviane, una altra ennesima risorsa e peculiare qualità della nostra terra di fuoco, ed oggi capaci contenitori per la “monnezza” dei figli cattivi di Partenope.
Da ragazzo abitavo a Boscotrecase e, indelebile nella mente è il ricordo delle mattine di primavera inoltrata, quando l’estate ormai faceva capolino e lo svegliarsi per gli ultimi giorni scolatici non era più torturato dal freddo invernale.  Ero solito, appena in piedi affacciarmi dalla finestra del bagno.
La casa dei miei genitori, nella parte posteriore, affacciava sull’orto-giardino di pertinenza e mi ritrovavo faccia a faccia con la montagna.
Tra me ed il Vesuvio c’erano i rami chiari e le foglie lucide del nespolo carico dei suoi frutti gialli. Sullo sfondo il corpo dell’antico fumatore che saliva sino alla vetta azzurra.
I colori si rincorrevano dal giallo delle ginestre al verde delle pinete passando per il nero della lava che, instancabile, rammentava a tutti noi  che eravamo al cospetto di una montagna viva.
L’aria era frizzante, fresca e il panorama invitava ad indugiare qualche minuto prima di lasciarsi prendere dalla fretta per non perdere l’autobus che ci avrebbe portato a scuola.
Da un po’, chi è rimasto là mi dice che, in qualsiasi ora del giorno, non è più così. In qualsiasi ora del giorno l’aria non è più fresca, frizzante, invitante… le discariche sono a regime, l’olezzo anche.
E l’estate è dietro l’angolo…

Il Vesuvio “da rischio a risorsa”. È stato questo il tormentone della politica regionale, provinciale e locale negli ultimi anni.L’unica cosa che non avevamo capito era che la risorsa della quale si parlava non era quella turistica, ambientale; non era il tesoro naturalistico che è sotto gli occhi di tutti; non erano l’aria pura, le eccellenze della tavola nostrana e il grande richiamo che esercitano i prodotti tipici della “Montagna”. Non era neanche la valenza culturale del vulcano più famoso al mondo, quello raffigurato con irruente potenza cromatica dal genio di Andy Warhol.Dopo aver osservato un punto interrogativo grande quanto una casa piantato nei nostri timori più pressanti, non ci resta che concludere che, evidentemente, la risorsa della quale la politica ci parlava era semplicemente quella data dalla logistica delle antiche cave vesuviane, una altra ennesima risorsa e peculiare qualità della nostra terra di fuoco, ed oggi capaci contenitori per la “monnezza” dei figli cattivi di Partenope.Da ragazzo abitavo a Boscotrecase e, indelebile nella mente è il ricordo delle mattine di primavera inoltrata, quando l’estate ormai faceva capolino e lo svegliarsi per gli ultimi giorni scolatici non era più torturato dal freddo invernale.  Ero solito, appena in piedi affacciarmi dalla finestra del bagno. La casa dei miei genitori, nella parte posteriore, affacciava sull’orto-giardino di pertinenza e mi ritrovavo faccia a faccia con la montagna.Tra me ed il Vesuvio c’erano i rami chiari e le foglie lucide del nespolo carico dei suoi frutti gialli. Sullo sfondo il corpo dell’antico fumatore che saliva sino alla vetta azzurra. I colori si rincorrevano dal giallo delle ginestre al verde delle pinete passando per il nero della lava che, instancabile, rammentava a tutti noi  che eravamo al cospetto di una montagna viva.L’aria era frizzante, fresca e il panorama invitava ad indugiare qualche minuto prima di lasciarsi prendere dalla fretta per non perdere l’autobus che ci avrebbe portato a scuola.Da un po’, chi è rimasto là mi dice che, in qualsiasi ora del giorno, non è più così. In qualsiasi ora del giorno l’aria non è più fresca, frizzante, invitante… le discariche sono a regime, l’olezzo anche.E l’estate è dietro l’angolo…

Gennaro Cirillo

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