Celebrare la festa di qualcosa o di qualcuno che versa in brutte acque è certamente un’azione inopportuna e di pessimo gusto. La festa del lavoro e dei lavoratori il primo maggio comunque si farà, con grandi raduni sindacali nelle principali città e con il concertone di piazza san Giovanni a Roma. Ma che festa sarà?Nel mondo dei lavoratori occupati il fermento negativo è attivato dal malcontento per la brutta aria che tira, per le aziende che riducono sempre più il personale, per la evidente crisi economica, che ha ridotto la voglia e la capacità d’acquisto.La Grecia e la sua grave crisi è vicina. Viene percepita come una grave realtà che potrebbe interessare anche l’Italia e la sua non florida economia, anche se in molti si affrettano a tranquillizzarci che “in Italia è diverso”. Sono in tanti ad ever paura che il boato del crack economico ellenico si possa avvertire, attraverso il mediterraneo, anche sulla terra italiana. A Torino chiude persino la fabbrica Bialetti che ha prodotto la storica e apprezzata macchinetta del caffè “moka”. I lavoratori hanno protestato offrendo l’ultimo caffè prodotto da tre mega caffettiere. Nell’area vesuviana si licenziano decine di operai all’albergo “Crowne Plaza” di Castellammare di Stabia (costruito da alcuni anni con i soldi pubblici del contratto d’area, finalizzato alla creazione di posti di lavoro!), a tre medici a contratto dell’ospedale di Gragnano, cosi come a diversi ed utili psicologi, la sprecona Asl Na 3, per risparmiare ha comunicato loro di tornarsene a casa, con il risultato di stroncare servizi essenziali ad una vasta utenza della psichiatria del territorio. Un’ennesima, intollerabile ed irritante azione delinquenziale ai danni di persone bisognose di cure.Della crisi economica e del mercato del lavoro sono preoccupati gli occupati, figuriamoci chi ha già perso il lavoro, i precari, chi un lavoro non lo ha mai conosciuto e non immagina nemmeno come è fatto. Il tutto con tanta crescente disperazione. Sul fronte delle imprese, di coloro che il lavoro se non lo creano falliscono e se chiudono privano di risorse vitali tante famiglie, il clima non è positivo. Come se non bastasse la diffusa e transnazionale crisi economica, le piccole imprese (da sempre definite il motore reale dell’economia) sono sul piede di guerra con la burocrazia che è vissuta come un macigno che assorbe energie e risorse. Le confederazioni delle Piccole e medie imprese lo hanno gridato alla commissione affari costituzionali della Camera che sta ascoltando le categorie per mettere a punto una buona legge sulla semplificazione. E’ stato spiegato che la burocrazia è spesso vessatoria e la gestione delle pratiche burocratiche costa alle imprese un punto netto di Pil.Ma è festa e la festa serve a ricordare le cose buone e a farne memoria attiva per il futuro, che dovrà necessariamente essere migliore del presente, ma è tutto ancora da costruire!Ieri ho incontrato un personaggio eccezionale, un imprenditore di successo che ha deciso di aiutare chi vuol lavorare ma è stato meno fortunato e cosi, da un decennio, ha creato a Bologna l’associazione “micro.Bo”, una rete di solidarietà che pratica con risultati incredibilmente positivi il microcredito, secondo una ricetta che si fonda anche sul rispetto e sull’onore della persona, messa a punto da Muhammad Yunus, un economista e banchiere bengalese che ha ottenuto il Nobel per la Pace, perchè ha permesso di concedere piccoli prestiti ad imprenditori troppo poveri per ottenere credito dai tradizionali circuiti bancari. Una grande innovazione. Qui la solidarietà per il lavoro parte concretamente dal basso. La parola solidarietà non significa elemosina. E’ condivisione reale che nasce dall’ascolto rispettoso delle necessità. Il risultato è che su 100 microcrediti erogati, 99 sono stati onorati da 99 persone che sono fiere di aver creato il loro lavoro.Una storia che onora il lavoro e i lavoratori, un simbolo rinnovato della ricorrenza del primo maggio che applica molto bene l’appello del Papa Benedetto XVI ai “governanti impegnati a dare un profilo rinnovato agli assetti economici e sociali del mondo”, perché ricordino che “il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità: l’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico sociale”.
Antonio Irlando