Ogm: cibo del futuro o semplice marketing?

Dodici anni liberi da Ogm. Quasi uno slogan, per celebrare la scelta dell’Italia di chiamarsi fuori dal business delle coltivazioni transgeniche, in nome della tradizione, della sicurezza e della genuinità. Una presa di posizione minacciata dalla decisione della Comunità Europea di dare il via libera alla coltivazione della patata transgenica della multinazionale BASF, in tutto il territorio europeo. Il tubero in questione è noto con il nome di Amflora ed è stata creata per avere un contenuto di amido superiore rispetto alle patate comuni. L’UE dichiara che tale prodotto sarà coltivato per fini prettamente industriali e per alimentazione animale.
Di fatto, una simile decisione sancisce la fine dell’embargo sulle nuove colture geneticamente modificate, che resisteva nell’Ue dall’ottobre 1998.
?L’annuncio del “via libera” alla patata Amflora arriva dopo che il Commissario all’Ambiente, responsabile per gli Ogm, Stavros Dimas, che aveva bloccato la proposta di autorizzazione, è stato sostituito dal neo-designato Commissario, il maltese John Dalli, il quale ha voluto imprimere una svolta nella politica di Bruxelles, sin dal suo primo atto pubblico.
 Da subito Emea (agenzia europea del farmaco) ed OMS (organizzazione mondiale della sanità) hanno manifestato delle forti preoccupazioni in merito alla coltivazione di un simile prodotto. L’Amflora, infatti, conterrebbe al suo interno un gene “marcatore”, in grado di fornire resistenza a due antibiotici: la neomicina e la kanamicina. Il rischio è che, immettendola nella catena alimentare, si scateni una resistenza batterica, o renda l’uomo insensibile agli antibiotici in questione.
Un problema da monitorare e, di certo, da non sottovalutare, visti i drammatici effetti sulla salute umana.
 L’Italia, attraverso la voce del ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Luca Zaia, ha fatto sapere di voler “proseguire con una politica di difesa e salvaguardia dell’agricoltura tradizionale e della salute dei cittadini”. Parole rassicuranti, che mancano solo di un riscontro in azioni governative, come sottolineato dai principali schieramenti politici italiani e dal consorzio Slow food.
 Un sondaggio della Coldiretti ha evidenziato che ben il 72% degli intervistati si dichiara contrario all’impiego degli Ogm nell’alimentazione, giacché vede i cibi geneticamente modificati meno salutari rispetto ai tradizionali. Un pensiero, questo, che sembra condiviso da Stati membri come Germania e Francia, i quali, dopo qualche hanno di coltivazione, hanno deciso di bandire il mais transgenico, viste le problematiche che il cereale in questione aveva sull’apparato digerente umano e sugli organismi del terreno.
Per fortuna, anche se la Comunità europea ha aperto le porte al business Ogm, ogni stato membro può servirsi della cosiddetta “clausola della salvaguardia”, per bloccarne la coltivazione su territorio nazionale.
 Una clausola necessaria, un appiglio dovuto, considerando che il “caso Amflora” è solo il primo di una lunga e possibile serie; basti pensare che l’UE ha approvato anche altri tre nuove varietà di mais Ogm, tutte destinate all’importazione ed alla commercializzazione per l’alimentazione degli animali.
In un frangente in cui si decanta tanto il made in Italy come sinonimo di elevata qualità, frutto di eccellenza e tradizione nazionale, forse è il caso di valorizzare realmente i prodotti tipici e l’agricoltura nazionale, anziché cedere il passo a multinazionali che antepongono marketing e profitto, alla tutela del consumatore
DEFINIZIONE

Un organismo geneticamente modificato (OGM) è un essere vivente che possiede un patrimonio genetico modificato tramite tecniche di ingegneria genetica, che consentono l’aggiunta, l’eliminazione o la modifica di elementi genici.

Fonte Wikipedia

Catello Somma

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