Alle 7 di stamane mi trovavo in una zona molto popolata di Gragnano. O meglio, mi trovavo un po’ fuori del mio ambiente usuale che è fatto essenzialmente di campagna. Lì invece ero chiuso completamente nella vertigine degli alti palazzoni che mi circondavano. E più alzavo lo sguardo, più i palazzoni sembravano moltiplicarsi, quasi all’infinito. Un senso di angoscia mi ha assalito, che neppure il freddo pungente mattutino riusciva a scalfire. Ma all’improvviso qualcosa è cambiato: un piccolissimo cagnetto ha iniziato ad abbaiare e ringhiare avendomi notato facendo capolino tra le inferriate di uno dei tanti balconi che ordinatamente si distribuiscono tra gli ordinati palazzoni. Ben presto ho capito che non era l’unico cane del parco, perché di lì a poco è iniziata la processione dei cani che venivano portati al guinzaglio a fare i propri bisogni nei viali del parco. Uscivano alla spicciolata, accompagnati dai padroncini, con l’andatura tipica dei cani cresciuti e vissuti in appartamenti condominiali. Ma le code pure essendo di foggia diversa e di lunghezza diversa avevano però in comune un particolare: l’immobilità più assoluta.
Forse trattasi di cani che non scodinzolano, che nascondono le proprie emozioni, che non amano la loro vita da cani…
Giuseppe D’Apolito