Castellammare. Crollo di Caporivo: una riflessione per non dimenticare

Ora che l’asfissiante polvere dei vecchi muri di tufo sbriciolati si è dissolta, il fragore del crollo e l’eco delle assordanti sirene dei soccorsi non rimbombano più nella mente, la paura ormai è passata ed il ritmo del cuore si è normalizzato. Ora che la nottata è finalmente passata, il sole è rispuntato per illuminare un’altra stupenda giornata nel golfo di Napoli, del rovinoso cedimento di un palazzo terremotato del quartiere Caporivo di Castellammare di Stabia resta solo un senso di desolante abbandono. Nei vicoli della città si vocifera che l’assenza di vittime sia da imputare al miracoloso intervento di San Catello. La statua del Patrono stabiese era transitata in solenne processione, con tanto di numerosi fedeli al seguito, per il quartiere poco prima che si verificasse il crollo. Qualcuno per ringraziare il Santo farà dire una messa, altri accenderanno un cero. Altri ancora, i più pragmatici, hanno deciso che la cosa migliore da fare in questi casi è investire qualche soldo nel vicino banco lotto. In strada, intanto, ci sono ancora le macerie ed i resti del palazzo sventrato, ma ciò non sembra turbare più di tanto gli abitanti <<A questo tipo di paesaggio siamo ormai abituati>> dichiara una signora che aggiunge <<Sono ormai trent’anni che siamo terremotati! Se non era per San Catello oggi ci scappava il morto>>. Ad affliggere i cuori dei residenti è il senso di impotenza <<Molte famiglie vivono in case pericolanti o in prossimità di palazzi dichiarati inagibili, però per noi non esiste alternativa, dobbiamo correre il rischio perché non abbiamo i mezzi economici per trovare alloggi più sicuri>>. La sfiducia per le istituzioni è tale che molti nemmeno si sognano di sperare in un intervento serio, duraturo e risolutore; le accuse di inefficienza passate e l’annuncio di un ennesimo censimento degli edifici potenzialmente pericolosi, da parte della nuova amministrazione comunale, non convincono nessuno <<Quelli dal comune fanno solo chiacchiere, dicono sempre le stesse cose, il loro scopo è pararsi le spalle, è già successo. Ora si faranno dei sopralluoghi e metteranno un po’ di tubi innocenti intorno a qualche palazzo e poi niente, come se la faccenda fosse risolta e intanto  qua si rischia la vita>>. In queste dichiarazioni è racchiuso il senso del vivere quotidiano nel centro antico di Castellammare, un miscuglio di fatalismo, fede, impotenza e rabbia. La faccenda però è molto seria, il crollo di Castellammare non è un caso isolato e non può essere attribuito ad una circoscritta realtà. In molti comuni della provincia di Napoli ci sono palazzi inagibili perché terremotati, questi edifici possono crollare da un momento all’altro, ne è testimone l’inchiesta fatta dal Gazzettino Vesuviano sulla disastrosa e mai ultimata ricostruzione post-terremoto, pubblicata lo scorso 22 aprile 2010. Le domande che dobbiamo porci sono diverse e tutte importanti per la nostra incolumità, ad esempio “Se i palazzi crollano così facilmente senza che intervengano sollecitazioni esterne, cosà accadrà in caso di una scossa sismica? Quante persone rischiano di perdere la vita sotto le macerie delle proprie case? E cosa accadrà se a generare il sisma sarà una imminente eruzione del Vesuvio o di un altro dei vulcani attivi della Campania (Ischia e Campi Flegrei), è risaputo che la Protezione Civile prevede di evacuare la popolazione sfruttando le strade, e se queste si intaseranno di detriti e calcinacci dei palazzi crollati? Come faremo a scappare?” Queste ed altre domande esigono una risposta seria ed immediata, altrimenti sarà bene iniziare a rivolgerci con più insistenza ai Santi Patroni delle nostre città sperando, come pare sia capitato a Castellammare, che siano in vena di nuovi ed importanti miracoli.

Fontanella Ferdinando

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