Altre 2 persone sono state arrestate nell’ambito della maxi operazione antidroga denominata “Vesuvio” e condotta dai carabinieri tra Castellammare di Stabia, Sant’Antonio Abate e Boscoreale. I militari della compagnia stabiese, guidati dal capitano Giuseppe Mazzullo e dal tenente Andrea Minella, hanno eseguito le ultime due ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Torre Annunziata, su richiesta del Procuratore Diego Marmo. Ieri mattina sono finiti in manette Giovanni Mauro, incensurato 27enne di Castellammare, e Alfonso Borghese, abatese di 36 anni. I due sono accusati di detenzione e spaccio di cocaina, in concorso con le altre 18 persone già arrestate nel blitz di martedì mattina. Mauro e Borghese erano sfuggiti all’arresto poiché non si trovavano in zona, e sono stati raggiunti solo ieri dai carabinieri e dichiarati in arresto. Per confermare le 20 richieste di carcerazione sono servite 1800 pagine di verbali, intercettazioni telefoniche e ambientali, e mille episodi documentati di compravendita di polvere bianca nei quali sono stati sorpresi i 20 soggetti.
Lo spaccio di stupefacenti riusciva a coinvolgere spesso interi nuclei familiari, molti insospettabili e tanti incensurati. Se di partenza lo spaccio ruotava intorno ad alcuni soggetti conosciuti che, a Napoli, si rifornivano di coca da immettere sul mercato locale vendendola in dosi, poco alla volta molti tossicodipendenti si sono trasformati anch’essi in spacciatori o in procacciatori di clienti per chi li riforniva di polvere bianca. Questo avveniva per permettere risparmi ai clienti più “affezionati”, che in questo modo riuscivano a guadagnare piccole percentuali sulle vendite ai nuovi clienti.
La droga veniva venduta per lo più a giovani, ma anche a liberi professionisti. Qui subentrava il metodo “innovativo” della consegna a domicilio: lo spacciatore raggiungeva direttamente a casa il cliente, spesso facoltoso, che non si spostava nelle vere e proprie piazze dello spaccio, troppo in vista e a rischio.
Le intercettazioni telefoniche sono state un mezzo importante per smascherare il traffico di cocaina. Si partiva da tre piccole piazze dello spaccio nei tre comuni diversi, non concorrenti tra di loro, ma in qualche modo collegate. Con le telefonate è stato scoperto anche il sistema di parole in codice e linguaggio criptato che permetteva a spacciatore ed acquirenti di parlare pochi secondi e spiegarsi velocemente con il numero di dosi da acquistare. Il luogo in cui avveniva lo spaccio era sempre diverso, scelto di volta in volta, e spesso coincideva con l’abitazione o lo studio dello spacciatore o del cliente. La quantità di coca veniva decisa in base alla parola in codice utilizzata. Ad esempio, per indicare una dose si poteva parlare di “macchine”, “camicie”, “vino”, ma anche “pizze” che non dovevano essere “bruciate” o di un “vascuotto”, tipico biscotto di grano.
Tra gli arrestati ci sono anche due donne ed un militare della Marina, sorpresi ugualmente a spacciare. Questo l’elenco degli arrestati: Francesco e Raffaele Galise, 42 e 37 anni, legati al clan Pesacane; Genoveffa Del Sorbo, 37 anni; e Alfredo Nisi, 41, tutti di Boscoreale; Mario Zurolo, militare 37enne; Raffaele e Rosario Varone, di 34 e 28 anni; Giovanna Ricciardi, 37 anni; Giuseppe Cannavacciuolo, 35 anni; Antonio Di Maio, 25 anni; Claudio Rastelli, 36 anni; Raffaele Romano, 43 anni; Antonio Amoruso, 42 anni; e Gennaro Santaniello, 36 anni, tutti di Castellammare di Stabia; e Aniello De Gregorio, 43 anni, ex sorvegliato speciale; Vincenzo Rispoli, 23 anni; e Paolo Foresta, 51 anni, il più “anziano” del gruppo.
Dario Sautto