Il progetto dal titolo “Tu, io e…”, realizzato con fondi protocollo di intesa fondazioni bancarie e volontariato, prevede tra le tante iniziative in programma anche manifestazioni volte alla riscoperta da parte dei giovani delle antiche tradizioni popolari pimontesi.
A tale proposito si è svolto il 12 giugno scorso l’evento dal titolo “O ffuoc e Sant’Antonio”.
Le associazioni giovanili pimontesi hanno pensato , infatti, di organizzare sul Monte Pendolo, in occasione della Vigilia del 13 giugno, ovvero di Sant’Antonio (padrone del fuoco) i tipici falò propiziatori e purificatori, la cui tradizione, era ancora vivissima fino a pochi anni fa nel paese di Pimonte.
La festa di questo santo di tradizione celtica era una delle ricorrenze più sentite nel mondo contadino. I riti a lui connessi si richiamavano in modo profondo alle credenze pre-cristiane e pagane.
Il suo “ignis sacer” (fuoco sacro) era fonte di guarigioni miracolose, ecco perché egli veniva venerato attraverso i falò.
I falò che venivano realizzati tradizionalmente in suo onore con erbe essiccate e fascine avevano un valore augurale per i raccolti futuri: si trattava evidentemente di pratiche cerimoniali di palese tradizione agro-pastorale.
I giovani pimontesi raccoglievano con entusiasmo queste fascine per tenere lontani spiriti maligni e streghe.
I contadini si posizionavano principalmente su dossi o in cima alle colline, e accendevano questi grandi falò; le erbe bruciate venivano fatte precipitare lungo i pendii, accompagnate da grida e canti. Inoltre si faceva passare il bestiame tra il fumo dei falò, in modo da togliere le malattie e proteggerlo dalle fatture.
Molte e diverse le pratiche di devozione legate a questo santo patrono del bestiame.
S’invocava Sant’Antonio contro la peste, contro il “fuoco di Sant’Antonio”, contro gli incendi, o addirittura per lenire le piaghe del fuoco d’amore.
Annabella Somma