“Il Tango del Petisso”, Bruno Pesaola raccontato da Mimmo Carratelli

“Napoli è stato un amore a prima vista. È stata subito la mia città. Bella da riempire il cuore. A Napoli non ti senti mai solo. Se hai bisogno di aiuto, di una mano, di qualcosa, hai la sensazione che non sei solo. C’è sempre qualcuno disposto ad aiutarti. A Napoli non conosci la solitudine della vita”.

Con queste parole, in tempi non sospetti, Bruno Pesaola dichiarava il suo sviscerato amore per la città di Napoli. Il “petisso”, come era chiamato, che dagli anni 50 ha deliziato con le sue serpentine da giocatore sull’erba del vecchio Collana al Vomero e poi nel decennio successivo da allenatore con la sua bravura, furbizia e competenza, salvando il Napoli, con la collaborazione del povero Rambone (61-62) dalla serie C e portandolo in A vincendo, nello stesso anno, la prima Coppa Italia nella storia della società, conquistando nel 65-66 il terzo posto in serie A e la Coppa delle Alpi, il quarto e secondo posto nei due anni successivi e, nel breve esilio da Napoli, lo scudetto con la Fiorentina  nel 68-69 confermandosi l’anno successivo con il quinto posto sempre sulla panchina gigliata. Se a quei tempi fossero state in vigore le regole attuali, le squadre del “petisso” avrebbero partecipato sempre alla Chempions League. Ora, a 85 anni suonati, con uno stato di salute molto preoccupante, completamene solo (anche la compagnia della sigaretta è stato costretto a lasciare) e in condizioni di assoluto bisogno si trascina su di una sedia a rotelle inseguendo i fantasmi degli anni che furono. Il tempo inesorabile non cambia solo la condizione delle persona ma indurisce anche il cuore della gente, specie dei napoletani riconosciuti in tutto il modo come il popolo più altruista del globo come le parole del napoletano, nato per caso in Argentina, stanno a testimoniare.

L’occasione per parlare di Bruno Pesaola è stata la presentazione del libro “Il tango del Petisso” scritto da Mimmo Caratelli e avvenuta alla libreria Feltrinelli di Piazza dei Martiri. Con l’autore sono intervenuti il Presidente dell’ordine dei giornalisti Gianfranco Coppola,  Peppe Iannicelli, Romolo Acampora, Nino Masiello e gli ex giocatori del Napoli: Luis Vinico, il leone di Rio compagno di squadra del Petisso, Faustino Jarbas Canè, entrambi napoletani nati “casualmente”in Brasile, il capitano di sempre Antonio Juliano, Beppe Bruscolotti, la “mascella” di Sassano, Enzo Montefusco e Sandro Abbondanza, il “Sivorino” degli anni 60. Introdotto da Gianfranco Coppola, l’autore del libro illustra il suo ultimo lavoro, seguito dal contributo di Peppe Ianniceli. Il microfono passa agli ex giocatori che illustrano la figura di Pesaola sia come uomo che come professionista del pallone. Vinicio si sofferma sulle doti umane del “Petisso” che gli facilitò l’ambientamento a Napoli nei primi mesi dal suo arrivo in riva al golf, accompagnandolo con sua moglie persino al supermercato. Juliano, il capitano di sempre, che gli sedeva accanto, ricorda l’esordio in serie A contro l’Inter (3 a 1 per i nerazzurri) che il mister gli permise e poi, con una vena di velata (ma non troppo) polemica che per fortuna ancora lo accompagna, fa riferimento ad una Napoli e ad un Napoli che troppo presto si dimenticano dei suoi simboli ricordando la colletta fatta assieme ai suoi compagni per il funerale dello storico e pittoresco massaggiatore Michelangelo Beato quando morì completamente solo e in assoluta miseria. L’ultimo riferimento di Juliano costituisce un assist per Canè che con un groppo alla gola e la voce rotta più di una volta, parla della condizione attuale di Pesaola, costretto all’età di 85 anni su di una sedia a rotelle, senza documenti, completamente solo e dimenticato da tutti, perfino dal figlio filosofo-artista (Zap Mangusta, autore del libro “Platone e la legge del pallone” presentato qualche anno fa, ironia della sorte, nella stessa sala della Feltrinelli) e, negli ultimi tempi perfino dalla badante che ha dovuto fare ritorno in Russia. Le parole di Canè fanno scendere una cupa atmosfera trasformando quello che doveva essere un’occasione di gioia, per la presenza di tanti ex campioni, in un momento di profonda tristezza. In quel momento il pensiero dei presenti va alle serpentine tra gli avversari del “Petisso” ai calci d’angolo che lui calciava e il più delle volte erano finalizzati dalla testa di Hasse Jeppson che svettava al di sopra delle mani del portiere avversario e deponeva il pallone in rete.

A questo punto, un appello alla signora Rosa Russo Iervolino, sindaco anche di Pesaola, per sapere se è a conoscenza delle condizioni in cui versa uno dei suoi concittadini più illustri visto che, alcuni mesi fa, il sindaco e la sua giunta hanno insignito il “Petisso” della cittadinanza onoraria. Lo stesso appello va rivolto allo scrigno di tutti i sogni dei tifosi napoletani, il Presidente Aurelio De Laurentiis, affinché il suo cuore di napoletano non resti insensibile all’estremo bisogno di un uomo che ha contribuito a fare la storia della città calcistica, scegliendo il golfo di Napoli come sua dimora definitiva.

Giacomo Nino Di Sarno

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