Trema la filiera della pesca nell’area torrese-stabiese. Secondo uno studio fatto dal biologo Antonio Langellotti, titolare di un dottorato sulla sicurezza microbiologica dei prodotti della molluschicoltura presso l’università Federico II, «nell’area stabiese in pochi rispettano le norme sulla conservazione e sulla rintracciabilità del prodotto ittico». Il dottor Langellotti, infatti, ha svolto un’intensa attività tra il 15 maggio e il 10 giugno, con sopralluoghi sistematici tra Castellammare, Pompei, Santa Maria la Carità e Sant’Antonio Abate. «La situazione del commercio al dettaglio dei prodotti alimentari è pressoché disastrosa» annuncia Langellotti nella sua relazione. Il documento è stato presentato ieri ai Dipartimenti di Prevenzione di Pompei e Castellammare dell’Asl Na3 Sud, al comandante della Capitaneria di Porto stabiese Demetrio Antonio Raffa, al Nas di Napoli, all’Ordine Nazionale dei Biologi e alla Procura della Repubblica di Torre Annunziata. «Il settore del commercio ittico – spiega Langellotti – è tra i più “antiquati” in Italia. Si perdono troppo facilmente la rintracciabilità dei prodotti, i frutti di mare non hanno quasi mai bolli che ne certifichino la provenienza, spesso il pesce è esposto su “bancarelle” direttamente in strada, sui banconi non c’è il ghiaccio a preservare la freschezza del prodotto e i venditori in molti casi non sanno neanche da dove provenga l’acqua in cui sono immersi i prodotti». Insomma, il rischio per i consumatori è altissimo. «Basta fare qualche chilometro, spostandosi in costiera – aggiunge lo studioso stabiese – e la situazione cambia radicalmente. L’andazzo nei Comuni dell’area stabiese è insostenibile, serve un immediato intervento di Asl e forze dell’ordine». Nelle ultime settimane i controlli in mare e nelle pescherie erano già stati intensificati ma, dopo questo inquietante dossier, sicuramente saranno intensificate le attività di monitoraggio sulla vendita dei prodotti ittici.