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Pietro Grasso: “Per non morire di mafia”

Alberto La Volpe, autorevolissima voce del Tg3, firma una delle più interessanti interviste mai rilasciate da uno che di mafia ne sa parecchio: Pietro Grasso. Giudice a latere del grande maxiprocesso di Palermo, la figura più simbolica della lotta alla criminalità organizzata decide di raccontare la storia della sua vita fatta di impegno a difesa delle istituzioni; un “cursus honorum”, insomma, che porta il dottor Grasso da semplice magistrato fino alla Procura nazionale antimafia.

L’intervista comincia con le premesse che portarono alla più grande azione intrapresa contro la mafia, il maxiprocesso di Palermo, appunto, portato magistralmente avanti dai giudici Falcone e Borsellino, dei quali grasso è stato collaboratore per alcuni anni. Vengono poi analizzate, con dovizia di particolari, le cause che portarono alla morte dei giudici stessi, sulla quale è calata l’ombra di una presunta strage di Stato, e delle trattative fra Riina e i vari politici dell’epoca in un intreccio di interessi politico-criminali.

Purtroppo per noi, però, non esiste solo la mafia siciliana: coesistono, infatti, in Italia molte forme di criminalità organizzata, fra i quali non può essere trascurata la camorra, presente in gran parte del territorio napoletano e casertano. Insieme ai vari aggiornamenti sull’attuale situazione della lotta a tutte le mafie, il Procuratore Grasso ci presenta anche una serie di soluzioni e di comportamenti che tutti i cittadini possono attuare per non cadere nella rete dell’omertà e della tolleranza. Difatti, secondo il magistrato siamo noi, potenzialmente, i primi responsabili di un sostegno, anche se indiretto, alle varie reti criminali, quando per esempio acquistiamo merce contraffatta o sigarette di contrabbando.

Pierluigi Montella

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