Un detenuto di Boscoreale, ma di origini stabiesi, è deceduto ieri nel supercarcere di Sulmona. Raffaele Panariello, 30 anni, è stato trovato morto nella sua cella ieri mattina. Dopo un primo esame, sembrava che la causa del suo decesso potesse essere riconducibile a cause naturali o addirittura ad una orvedose, particolare che aveva destato non poche preoccupazioni. Infatti, in un carcere di massima sicurezza come quello abruzzese è preoccupante che possa circolare droga tra i detenuti. Poi, nel tardo pomeriggio di ieri è arrivata la comunicazione da parte di Angelo Urso, segretario nazionale della uil-pa penitenziari, primo a parlare di un suicidio attuato con l’inalazione di gas. Per fare chiarezza, il Procuratore della Repubblica del tribunale di Sulmona, Federico De Siervo, ha disposto l’autopsia per oggi: l’esame autoptico sarà svolto in giornata presso l’ospedale di Sulmona e potrebbe chiarire definitivamente le cause del decesso. Sulla vicenda sta indagando la squadra anticrimine del commissariato che ha già provveduto ad ascoltare i due compagni di cella del 30enne boschese, i quali al momento del fatto erano usciti per l’ora d’aria.
Dall’inizio dell’anno, nelle celle del carcere di Sulmona si sono già suicidati quattro detenuti. E pochi giorni fa un detenuto dello stesso penitenziario – noto come “carcere dei suicidi” – aveva tentato di uccidersi dando fuoco ad un materasso dell’infermeria dove era ricoverato. «Purtroppo – afferma in una nota Angelo Urso – è il 44esimo suicidio che si registra nelle carceri italiane ed è avvenuto in un istituto tristemente noto per casi del genere. La situazione del sovraffollamento, della carenza di risorse umane di tagli nei bilanci, di scarsità di mezzi e strumenti di lavoro non fa più notizia».
Panariello era un tossicodipendente ed era finito in carcere nel 2006. Mentre era detenuto ai domiciliari presso la sua abitazione del rione popolare “Piano Napoli” di Boscoreale, picchiò e drogò la moglie, F.R. allora appena 22enne, per poi fuggire di casa ed essere raggiunto dai carabinieri solo dopo 24 ore di latitanza. L’uomo, agli arresti domiciliari per reati contro il patrimonio, fu denunciato dalla propria consorte per violenza, minacce e percosse. Dopo le 20 di una serata come tante quando, probabilmente in piena crisi d’astinenza, Panariello iniziò ad inveire contro la donna, perché lei si rifiutava di assolvere ai doveri coniugali. Dopo un po’, dalle parole l’uomo passò ai fatti, schiaffeggiando la moglie e costringendola, a suon di calci e pugni, ad ingerire a forza alcune compresse si sonnifero. Mentre la moglie era intontita dai sonniferi, Panariello afferrò una siringa, sciolse un po’ di cocaina e gliela iniettò nel braccio. Dopo quella folle vendetta, il pregiudicato fece perdere le sue tracce per un giorno, fino al suo arresto.