Un fiancheggiatore dei D’Alessandro nascondeva droga nel monitor del pc, ma è stato scoperto ed arrestato dai carabinieri. Francesco Masella, 59 anni, già noto alle forze dell’ordine, è finito in manette ieri mattina, in seguito ad una perquisizione domiciliare. Il 59enne, ritenuto molto vicino al clan camorristico stabiese, custodiva 15 dosi di cocaina del peso complessivo di 7,7 grammi. I carabinieri della compagnia di Castellammare di Stabia, guidati dal capitano Giuseppe Mazzullo e dal tenente Andrea Minella, hanno scoperto i pallini di polvere bianca all’interno del monitor del computer di casa Masella. Infatti, la droga era stata nascosta proprio in uno schermo del pc, dove era perfettamente occultata e praticamente impossibile da trovare durante una normale perquisizione. Ma alcuni segnali hanno spinto i militari dell’arma a scoperchiare il monitor, portandoli alla scoperta. Inoltre, la perquisizione è proseguita in ogni pertugio dell’abitazione di Masella e, in un buco ricavato dietro ad un battiscopa, i carabinieri hanno scovato anche 2,5 grammi di mannite, una sostanza usata per il taglio della cocaina. Infine, nel ripostiglio, tra normali attrezzi da bricolage, è stato trovato il classico bilancino di precisione. La presenza di droga, sostanza per il taglio e il bilancino hanno spinto i carabinieri ad arrestare il fiancheggiatore dei D’Alessandro per detenzione di sostanza stupefacente a fini di spaccio. Francesco Masella è stato immediatamente trasferito nel carcere di Poggioreale, dove è in attesa di essere interrogato dal magistrato per la convalida dell’arresto. Nel frattempo, proseguono i controlli antispaccio da parte dei carabinieri che, nelle scorse settimane, hanno già intensificato i posti di blocco nelle cosiddette “vie della droga” tra Castellammare e il suo hinterland. Non solo la cocaina porta denaro nelle tasche dei criminali, ma soprattutto la marijuana: una vera e propria miniera d’oro che si nasconde nei boschi dell’area dei Lattari, dal Faito ai colli che sovrastano Gragnano, dove viene coltivata la canapa indiana. Secondo gli inquirenti, le piantagioni vengono gestite direttamente dai clan, grazie a boscaioli ed agricoltori corrotti che pensano alle poche cure di cui ha bisogno la pianta. Poi, dopo la raccolta e l’essiccazione, la gestione dell’erba passa direttamente ai clan, che la rivendono nelle abituali piazze dello spaccio. In questo periodo, i controlli di carabinieri, esercito e polizia sono volti soprattutto a contrastare il trasporto della cannabis indica dalle colline dei Lattari alle zone in cui la pianta verrebbe trasformata in droga. Ma nel frattempo, la malavita organizzata continua ad immettere sul mercato illegale stupefacenti, spesso “inquinati” da sostanze chimiche che li rendono ancora più pericolosi di quanto non siano già.