“Ridateci il nostro Cantiere, perché…”: il “Libero Ricercatore” torna a dare voce al “popolo operaio”

La cantieristica nazionale sta attraversando un brutto periodo, molto probabilmente uno dei peggiori della sua esistenza, i vertici dirigenziali della Fincantieri, rimasti letteralmente spiazzati e fuori mercato per il bassissimo costo delle maestranze orientali (che attraggono sempre più le richieste degli armatori occidentali), per risolvere questa brutta crisi, sembra, siano propensi a ricorrere alla soluzione più drastica: la chiusura di alcuni cantieri, tra i quali (da indiscrezioni sfuggite al controllo del “segreto industriale”), dovrebbe esserci anche il glorioso Cantiere Navale di Castellammare di Stabia. Una soluzione apparentemente di effetto e risolutiva, secondo la Direzione societaria, che porterebbe quindi ad abbattere i costi e le eventuali passività derivanti dai cantieri del SUD, una vera e propria manovra strategica, che in buona sostanza potrebbe garantire la continuazione lavorativa alla Fincantieri, a beneficio solo ed esclusivamente degli operai occupati al NORD Italia. Una soluzione sicuramente plausibile, ma estremamente cinica che di sicuro non tutela allo stesso modo gli operai in forza ai vari cantieri di una Italia sempre più contraddittoria che fonda i cardini della sua Costituzione proprio sul lavoro. La forzata chiusura del Cantiere stabiese, e la conseguente messa in disoccupazione di molte centinaia di dipendenti, potrebbe quindi aprire uno scenario drammatico, senza alcun precedente, che porterebbe a stravolgere definitivamente l’assetto economico/sociale che già a fatica Castellammare e i paesi limitrofi stentano a mantenere. I tristi e noti fatti del momento, chiamano quindi il mondo operaio e lavoratore, ad opporsi fermamente al (forse già) designato destino; la storia del Cantiere stabiese è antichissima e affonda le proprie radici in un periodo di splendore, purtroppo, mai più ritrovato, una decisione semplicistica e troppo poco ponderata quella dei vertici dirigenziali Fincantieri, che rischia di cancellare in un sol colpo posti di lavoro e un luminoso periodo di storia stabiese. Purtroppo, il problema seppur rilevante, sembra che non sfiori nemmeno i politici a respiro nazionale, sempre più impegnati nell’ostentare una parvenza di onestà intellettuale (occupazione a tempo pieno, per un costante lavorio di facciata, che nel costrutto li rende sempre più sterili e inoperosi). Il cittadino oggi è stufo ed arrabbiato, pretende giustamente fatti concreti, vuole certezze, le tante assurde chiacchiere, il cinismo e l’apatia di chi in questi anni, con un pizzico di buona volontà, poteva rendere stabile e maggiormente solida la cantieristica nazionale, oggi risultano frustranti all’inverosimile, di ciò ne è testimonianza la raccolta di stati d’animo e di pensieri genuini, raccolti in segno di solidarietà da “Ridateci il nostro Cantiere, perché…”, una nuova iniziativa messa in essere dal portale web liberoricercatore.it, volta a dare finalmente la parola al popolo (una voce fondamentale, che purtroppo nella società moderna, viene sempre più surclassata dai tanti inconsistenti bla bla bla dei nostri politici), ecco una brevissima sintesi che delinea la parola del popolo: “Ridateci il nostro Cantiere, perché è la storia e l’orgoglio operaio di questa Città! (Aldo Ivano Iezza)”; Ridateci il nostro Cantiere, perché lo hanno costruito i nostri avi prima che lo Stato ce lo rubasse (Gennaro Cesarano)”; “Ridateci il nostro Cantiere, perché si è preso mia madre e mio padre, mi sta portando via mio marito e ora non può far morire anche la mia Città… (Marinella Di Palma)”; “Ridateci il nostro Cantiere, perché la nostra Comunità con lui ha fatto la storia della cantieristica mondiale (Antonio d’Orsi)”; “Ridateci il nostro Cantiere, perché è il nostro passato, il presente, ma soprattutto il nostro futuro (Carmine Spera)”; “Ridateci il nostro Cantiere, perché senza non c’è speranza, non c’è futuro. Lui ci tiene in vita… è il cuore della nostra Città!! (Francesco Russo)”; “Ridateci il nostro Cantiere, perché ha permesso alle nostre famiglie di crescere con il valore della dignità dell’uomo che lavora e la sua chiusura inciderebbe ancora di più sulla sfiducia che, come una malattia cronica, sta logorando i sogni delle nostre nuove generazioni (Alessandro Zingone)”; “Ridateci il nostro Cantiere, perché la nostra generazione e quelle a seguire continuino a crescere e a sognare con una Tradizione che dura da più di due secoli. Il cantiere non si tocca… è nato molto tempo prima della nostra stessa “Repubblica”, che incontestabilmente dovrebbe essere ancora fondata sul lavoro! Stato dove sei? Qui la tua/nostra Costituzione va allo sfascio! (Pasquale Cuomo)”; “Ridateci il nostro Cantiere, perchè è NOSTRO. Lo abbiamo acquisito con il lavoro, e col sacrificio della vita dei nostri nonni, dei nostri padri e di noi stessi. Lo abbiamo creato col duro lavoro di migliaia di stabiesi, ridatelo alla Città per permettere a tanti giovani di farsi UOMINI conoscendo la nobiltà del lavoro onesto (Gigi Nocera)”; “Ridateci il nostro Cantiere, perchè ‘o cantiere m’arricorda a ‘o nonno, a zi’ Giuvanno, a zi’ Michele. ‘O cantiere m’arricorda a zi’ Catiello, a zi’ Armando… ‘O cantiere m’arricorda a papà. ‘O cantiere è ‘a vita mia… (Corrado Di Martino). Queste sono solo alcune delle decine di testimonianze fino a questo momento raccolte, chi volesse contribuire con un proprio personalissimo pensiero è invitato a scrivere al seguente indirizzo e-mail: liberoricercatore@email.it.   Maurizio Cuomo

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