A Gragnano proseguono le discussioni politiche sul vero e proprio uragano giudiziario che si è abbattuto sulla città della pasta. Pare, infatti, che il clan Di Martino abbia appoggiato almeno un candidato al consiglio comunale e, dalle intercettazioni ambientali, il nome venuto fuori è quello dell’attuale presidente del consiglio, Giuseppe Coticelli. Candidatosi con l’Mpa, è stato il secondo più votato. E i dubbi di brogli erano già stati sollevati dopo l’arresto dei due cugini, sorpresi da un rappresentante di lista mentre votavano con documenti di altre persone: tra un mese e mezzo per loro ci sarà un’importante udienza che potrebbe addirittura portare al rinvio a giudizio per Giuseppe Coticelli stesso. Ieri mattina, però, si è tenuta una riunione di maggioranza, in attesa del ritorno del sindaco Annarita Patriarca, ancora in Francia. All’incontro hanno preso parte numerosi consiglieri ed assessori. I rappresentanti dei partiti di centrodestra hanno chiesto ufficialmente una riunione con sindaco e giunta per discutere del caso e delle eventuali dimissioni di Coticelli, solo nel caso in cui dovessero emergere dettagli che dimostrino la richiesta di aiuto da parte dell’attuale presidente del consiglio al boss Di Martino. Nel frattempo, però, la maggioranza fa quadrato intorno a Giuseppe Coticelli: «Lui è solo una vittima di tutta questa situazione, non deve dimettersi. Siamo tutti al suo fianco. Il suo nome è stato tirato in ballo senza che ci siano prove di un suo coinvolgimento diretto nella vicenda». Dall’opposizione, si leva anche la richiesta di Franco Zagaroli, ex sindaco gragnanese ed ex presidente della Provincia, dopo il diktat di Inserra (Pd) che ha chiesto le dimissioni del primo cittadino. «Bisogna convocare un consiglio comunale straordinario – afferma Zagaroli – per discutere insieme dell’argomento, confrontarci e capire cosa fare. Ora più che mai la maggioranza ha bisogno di un confronto diretto con l’opposizione per il bene di Gragnano. Bisogna evitare un commissariamento che rallenterebbe ulteriormente lo sviluppo della città. Chi risulta accusato, deve venire in consiglio a riferire, poi si parlerebbe di eventuali dimissioni. Però, emerge un quadro inquietante: una cosa è parlare di brogli elettorali, un’altra di condizionamenti della malavita organizzata. E se ciò fosse dimostrabile in qualche – conclude Zagaroli – quest’ombra potrebbe condizionare ogni scelta presa in sede consiliare».
Dario Sautto