Il Gazzettino vesuviano | IGV

Maxi operazione contro il clan Aprea: arrestati capi e gregari

Questa mattina la Squadra Mobile della Questura di Napoli ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei giorni scorsi dal G.I.P. del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di capi e gregari del clan Aprea, storico clan camorristico egemone nella zona orientale di Napoli, particolarmente nel quartiere orientale di Barra.

Questi i nomi degli arrestati: Vincenzo Aprea, 42 anni; Giuseppina Aprea, 41 anni; Lena Aprea, 33 anni; Pasquale Aprea, 36 anni; Patrizia Aprea, 47 anni; Gennaro Ambrosanio, 40 anni; Spartaco Amen, 54 anni; Gaetano Cervone, 42 anni; Francesco Cordella, 43 anni; Luigi Ferrante, 40 anni; Gaetano Giordano, 42 anni; Ferdinando Liccardi, 36 anni; Pietro Maddaloni, 47 anni; Ciro Matrullo, 36 anni; Ciro Prisco, 38 anni; Antonio Scala, 29 anni.

Il provvedimento rappresenta l’epilogo di una lunga e complessa attività investigativa che si è protratta per oltre tre anni e che ha consentito di raccogliere una serie imponente di elementi di prova a carico degli indagati.

I reati contestati sono associazione di tipo camorristico in relazione all’esistenza ed all’operatività del clan Aprea; tale gruppo camorristico è attivo nella zona da lungo tempo e si è distinto per la ferocia con cui ha condotto le “guerre” per il dominio nel quartiere (si ricorda la cd. strage dell’autobomba all’inizio degli anni ’90 e la recentissima “faida” con il gruppo Celeste-Guarino che ha fatto negli ultimi anni decine di morti).

Il gruppo camorristico ha connotazione spiccatamente familiare; al vertice, attualmente, si pone Vincenzo Aprea, oggi raggiunto dal provvedimento cautelare anche quale mandante dell’omicidio di Francesco Celeste.

Tale omicidio ha rappresentato un punto cardine nello scontro tra la famiglia camorristica Aprea ed il gruppo dei cosiddetti “scissionisti” di Barra, capeggiato appunto dai Celeste in accordo con i Guarino e gli Alberto.

Per tale omicidio sono attualmente stati arrestati, oltre ad Vincenzo Aprea, anche  Gennaro Ambrosanio, Gaetano Cervone e Pasquale Aprea.

Tale omicidio era stato materialmente commesso da Vincenzo Capasso, poi a sua volta ammazzato da Giuseppe Manco, congiuntamente al suo fratello Mariano Capasso.

Ed è stato proprio in seguito alla cattura per tale duplice omicidio che Giuseppe Manco ha cominciato a collaborare con la giustizia contemporaneamente a suo fratello Salvatore Manco.

Tali collaborazioni, le prime nella zona orientale di Napoli, hanno creato un vero e proprio vulnus nella operatività di tali clan in quanto hanno consentito di ricostruire compiutamente le dinamiche interne alle organizzazioni camorristiche operanti nella zona ed a far luce su moltissimi fatti di sangue.

Come si diceva, il clan Aprea è attivo nel quartiere di barra da lunghissimo tempo, tanto che l’esistenza del clan Aprea è già stata sancita dal Tribunale di Napoli con sentenza del 2003, nella quale si affermava che a Barra operava una associazione camorristica che comprendeva la storica alleanza tra le famiglie Aprea, Cuccaro e Alberto.

Più recentemente, nel mese di giugno di quest’anno, il Tribunale di Napoli, in esito ad indagini coordinate da questa D.D.A. e svolte dalla Squadra Mobile, ha condannato diversi esponenti del clan – tra cui anche gli attuali arrestati Pasquale Aprea e Gennaro Ambrosanio – a pesanti pene detentive per la vicenda relativa all’estorsione imposta alle ditte impegnate nella costruzione del centro commerciale Auchan di via Argine.

Le indagini hanno fatto emergere il ruolo fondamentale svolto nella gestione del clan dalle sorelle del capo clan Vincenzo Aprea, Giuseppina Aprea, Lena Aprea ed Patrizia Aprea; le indagini hanno consentito di appurare che le predette svolgono ruoli di primo piano sia sul piano organizzativo in quanto effettuano il raccordo tra i membri detenuti dell’organizzazione e gli affiliati liberi, sia sul piano prettamente gestionale del gruppo camorristico.

Dalle dichiarazioni dei collaboratori e dalle indagini è emerso che il controllo delle casse del clan era demandato proprio alle sorelle Aprea le quali controllavano scrupolosamente tutte le entrate e ne gestivano anche le uscite (erano proprio loro a “fare gli stipendi” agli affiliati).

Si è dimostrato, poi, che Lena Aprea era divenuta, orami, vera e propria “portavoce ufficiale” del capoclan Vincenzo Aprea, oltre che responsabile della gestione delle piazze di spaccio del clan e che Giuseppina Aprea aveva il ruolo di dirigente della piazze di spaccio di sostanza stupefacente (soprattutto di tipo cocaina) gestite dal clan.

Nel corso dell’attività investigativa, si è potuto accertare che lo stato di detenzione degli affiliati e dei capi non ha costituito un valido deterrente, tanto che, proprio dal carcere, Vincenzo Aprea ha impartito sistematicamente mandati omicidiari; tra essi anche l’ordine di uccidere Francesco Celeste.

Ciò era possibile in quanto, durante i colloqui con i familiari e mediante l’utilizzazione di un linguaggio criptico, il capo del clan riuscivano ad essere aggiornati circa l’andamento degli affari ed impartiva ordini per la risoluzione dei “problemi”.

Proprio in conseguenza di tali indagini, ed al fine di arginare l’operatività di tale gruppo camorristico, in data odierna è stata immediatamente inoltrata richiesta di applicazione dello speciale regime detentivo del 41 bis O.P. nei confronti del predetto Vincenzo Aprea.

Exit mobile version