Sono circa le ore 3 di sabato mattina. La rotonda “4 giugno” è accerchiata dalle forze dell’ordine e dai giornalisti, che hanno rischiato tutto il tempo.
Un carabiniere si è appena fatto male la mano mentre i suoi sparavano l’ennesimo lacrimogeno. Qualcuno rimasto attorno al fuoco lo sente urlare, mentre è steso a terra e gli porta dell’acqua per sciacquare la ferita. Qualche altro per continuare a fare il proprio lavoro, o meramente per curiosità chiede ad uno dei colleghi di questo carabiniere: “ma si è fatto male a causa dei manifestanti?”; la risposta è stata netta e fredda, e data senza neppure guardare negli occhi le persone: “sì”.
Dopo pochi secondi, i carabinieri parlano tra loro e qualcuno sente dire che non sono stati i manifestanti a ferire la mano del militare.
A mezz’ora da questo piccolo ma emblematico accaduto, arriva il cambio, un carabiniere si ferma a parlare con alcune persone e dice che la loro violenza scatta quando proprio non se ne può più, cioè quando i cittadini esagerano con le pietre, i fuochi d’artificio e le bottiglie di vetro.
Forse questo carabiniere non sa, oppure ha voluto nascondere, che proprio poche sere prima tre persone, senza colpe sono state picchiate: una signora anziana, che impaurita, si era nascosta in una proprietà privata, Carla, una ragazza accorsa un suo aiuto chiedendo spiegazioni su quest’atto ingiustificato di violenza, e Francesco, il fidanzato di Carla, che ovviamente voleva difendere la ragazza.
A questo punto la domanda è lecita: le forze dell’ordine possono ancora essere definite tali, se raccontano bugie o mezze verità e se compiono questi atti di violenza ingiustificati?
Giovanna Sorrentino
(foto Vincenza Costantino)