Lo Stato pensa ad “una fondazione per tutelare l’area archeologica di Pompei”. A spiegarlo mercoledì, durante il “Question Time” della Camera, è stato il ministro per i Beni e le attività culturali, Sandro Bondi, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare di Giulia Cosenza, deputato di Fli, sul possibile intervento dei privati nella gestione del patrimonio artistico della Penisola. “Per proteggere il patrimonio conservato a Pompei ha confermato Bondi – stiamo pensando ad una Fondazione ad hoc. E vogliamo intervenire anche in tutto il Sud Italia con nuove forme di tutela e gestione”. Una volontà che, argomenta il ministro, si associa anche al desiderio di fare partecipare i privati. “Nonostante gli sforzi messi in atto dal ministero resta ancora aperto il problema di come reperire i fondi per mantenere il nostro patrimonio. Uno sforzo che spetta in primo luogo allo Stato ma che può essere aperto anche ai privati”. Dunque il ministro per i Beni culturali, Sandro Bondi, torna sulla questione della Fondazione che dovrà gestire il sito archeologico di Pompei, confermando l’idea del Governo di affidare gli scavi a privati. Un’idea ricorrente, quella di Bondi, nonostante le tante opinioni contrarie manifestate a più riprese nei giorni scorsi dai sindacati, come la Uil e la Cisl. Il ministro ha anche difeso la sua politica di nominare commissari straordinari. “Affidare le responsabilità di alcuni progetti importanti a una sola persona è l’unica soluzione che consente al Mibac di portare a termine le cose” ha evidenziato il ministro che ha aggiunto: “E non è vero che questa linea mortifica i sovrintendenti, perché questi collaborano fattivamente con i commissari come è successo a Roma e Pompei”. E al termine del regime commissariale, suggerisce Bondi, “è necessario pensare a nuovi sistemi, ad esempio a quello delle fondazioni dove possono ritrovarsi assieme lo Stato, gli enti locali e i privati”. Proprio la fine del commissariamento di Pompei (terminato lo scorso 10 giugno) ha aperto la discussione sulla gestione del sito archeologico più famoso del mondo. Come detto, l’ipotesi più verosimile è quella di affidare Pompei ad una Fondazione. Al momento non c’è un progetto definitivo, ma il ministro Bondi richiama due cardini indispensabili: il rispetto della tutela dei beni culturali e il rispetto della concorrenza. Insomma, la ricetta che il governo ha in serbo per la rivalutazione dei beni culturali italiani, è a base di “managerialità e partecipazione dei privati”. “Da parte mia – puntualizza Bondi sull’argomento – c’è la volontà di consentire ai privati di partecipare alla gestione del nostri beni sulla base, però, di due regole: i privati si devono impegnare, in primo luogo, nella tutela dei nostri beni artistici. Deve essere garantito, inoltre, il rispetto delle regole della libera concorrenza. Il loro eventuale intervento sarà consentito soltanto se si ispirerà ad una logica di imparzialità pubblica”. “L’Italia – ha continuato poi il Ministro – ha il più grande patrimonio culturale al mondo. Ma fino a oggi non e’ che sia stato gestito proprio nel migliore dei modi. A dimostrazione di ciò sta il fatto che sempre meno turisti scelgono il nostro Paese come meta per i loro viaggi”. Per far fronte a questo problema, ha insistito il ministro, “l’intenzione del governo e’ quella di affidare la gestione del nostro patrimonio a personalità manageriali, provenienti dal mondo dell’impresa”. E non e’ tutto. Altro pilastro della politica dell’esecutivo in materia, secondo Bondi, “è quello di attrarre, attraverso agevolazione fiscali, i privati nella gestione di parte dei nostri beni culturali. Cosa che accade, per esempio, al Museo egizio di Torino, che viene gestito da una fondazione”. Per far questo, ha concluso il ministro, “abbiamo presentato diverse proposte che presto verranno discusse in parlamento. Le quali però dovranno fare i conti con il difficile momento economico che stiamo vivendo”.
Marco Pirollo