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Conclusi nell’auditorium i colloqui di Ravello Lab

Inserire la cultura nell’agenda della politica economica italiana, uscendo in tal modo dalla logica esclusiva e penalizzante dei tagli.  E’ la proposta lanciata da Ravello Lab 2010, il laboratorio europeo su cultura e sviluppo giunto alla quinta edizione. Tre giorni di serrato dibattito nel corso del quale ottanta operatori italiani e stranieri si sono confrontati sulle strategie possibili da mettere in campo per affermare un nuovo modello di sviluppo che faccia leva sulla cultura.

“Al di là dei tagli disposti nella manovra di luglio – ha sostenuto nel suo intervento conclusivo Roberto Grossi, Presidente di Federculture – occorre contrastare il disegno che si sta attuando, nel quale la cultura viene marginalizzata e non ha più cittadinanza nell’intervento pubblico. Per questo Federculture, insieme ad ANCI e FAI, sta progettando una mobilitazione per la prima metà di novembre che coinvolgerà con varie azioni tutti i siti culturali del Paese e lancerà l’allarme sulla gravità della situazione attuale.”

Si tratta, dunque, di uscire da una concezione settoriale della cultura, ormai superata, che soprattutto in Italia  limita il suo raggio di azione alle sola conservazione e valorizzazione dei beni culturali e al turismo culturale. Al contrario, ci troviamo di fronte a una realtà ben più complessa: quello culturale è un settore strategico che rappresenta il vero spartiacque per elaborare un modello di sviluppo competitivo.

Ravello Lab lancia una sfida: far leva concretamente sui settori in cui la cultura già gioca un ruolo decisivo, innovazione, welfare attivo, sostenibilità ambientale e sociale, società della conoscenza, integrazione, e nuovi modelli imprenditoriali. La cultura quindi può svolgere un compito strategico in questi campi nuovi, ma deve essere sostenuta da un’azione politica a vantaggio della competitività per far fronte alla concorrenza sempre più incalzante da parte dei paesi emergenti, in particolare quelli dell’estremo oriente asiatico, così da realizzare gli obiettivi di sviluppo definiti in sede europea.

In questa visione assumono un ruolo essenziale due fattori. Da un lato la pianificazione strategica di lungo termine (come messo in evidenza dall’esperienza delle Capitali Europee della Cultura più efficaci che hanno realizzato una programmazione in largo anticipo e un accompagnamento successivo all’evento che si è prolungato nel tempo). Dall’altro la ricerca e valutazione dell’impatto dei progetti culturali. In tal modo è possibile creare consenso politico e consapevolezza nell’opinione pubblica e trasmettere i risultati ai decisori politici.

Fondamentale è poi l’integrazione di questi temi nella politica industriale, per comprendere le interazioni delle industrie creative tra di loro e con altri settori produttivi. In questo quadro assume un’importanza strategica la capacità di formare professionalità specifiche per il settore, da valorizzare anche attraverso meccanismi di accreditamento e certificazioni. Il tema delle professionalità è centrale non solo nell’ambito amministrativo pubblico, ma anche in quello privato. Sviluppare una managerialità per le piccole imprese culturali risulta urgente creando reti transnazionali molto forti, che consentano ai soggetti imprenditoriali più piccoli di avvalersi di un sistema di supporto finanziario  e strategico così da poter essere presenti sul mercato globale.

Una grande attenzione deve essere rivolta poi alla partecipazione femminile e dei giovani che, sebbene molto diffusa a livello di associazionismo di base, risulta poi ridotta nell’ambito della rappresentatività e della responsabilità decisionale.  Infine si dovrà agire sul fronte dell’inclusione delle fasce più povere della popolazione avvalendosi delle opportunità offerte dalle tecnologie digitali.

Nello stesso tempo le politiche culturali hanno necessità di un arricchimento che preveda un ampliamento dello spazio di applicazione. In particolare dai lavori di Ravello Lab è apparso fondamentale allargare gli ambiti di intervento dei progetti culturali alle aree urbane periferiche e rurali. Troppo spesso gli interventi si sono focalizzati nei centri storici. Al contrario la cultura appare uno strumento fondamentale per contrastare l’abbandono delle aree dismesse che presentano maggiori potenzialità di sviluppo.

Nel prossimo decennio l’Italia sarà protagonista di tre grandi appuntamenti internazionale che potrebbero costituire enormi opportunità: il Forum delle Culture di Napoli 2013, l’Expo di Milano 2015 e la Capitale Europea della Cultura 2019. Nella preparazione dei primi due eventi è emersa una grande debolezza proprio a livello di progettazione dal punto di vista dell’impianto strategico, tanto che queste occasioni rischiano di trasformarsi in un grande boomerang. Al contrario, eventi internazionali di tale portata dovrebbero costituire lo spunto ideale per dotarsi di una strategia nazionale che, tra le altre cose,  porti il tema del contributo della cultura all’economia al centro del dibattito politico e delle strategie nazionali di sviluppo. In particolare, potrebbe essere questa l’occasione per far sì che ambiti produttivi come quello delle industrie culturali e creative giochino un ruolo di primo piano nell’agenda economica, come avviene in diversi paesi europei e nei paesi emergenti. In questa nuova visione una struttura come il CNEL potrebbe essere trasformata in un’agenzia di sviluppo dell’economia della conoscenza con un focus particolare sulle industrie creative sul modello inglese del NESTA, così da contribuire ad una maggiore competitività delle imprese italiane nello scenario globale.

“Sarebbe un errore gravissimo parlare di globalizzazione del progetto cultura in un paese come l’Italia che è forte di mille anni di storia comunale – ha detto il presidente di Formezitalia Secondo Amalfitano – Il patrimonio di tipicità, lingue, usi e tradizioni, che rappresenta la nostra forza rischierebbe di scomparire appiattendosi sui criteri di globalizzazione. Come Formezitalia lanceremo in un format questo pacchetto formativo emerso da Ravello Lab per indirizzarlo ad enti locali e classe politica al fine di illustrare le proposte dirette a ottimizzare le risorse di cui disponiamo. Come trasformare un bene culturale in volano di sviluppo per l’economia locale”.

A chiudere i lavori è stato il presidente del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali, Sen. Alfonso Andria.“Si è appena conclusa una consultazione pubblica promossa dall’Ue relativa al Libro Verde delle industrie culturali e creative come potenziale da sfruttare e da divulgare – ha annunciato Andria – Una sintesi dei risultati emersi dai laboratori e dall’agenda di Ravello Lab 2010 sarà fornita alla delegazione italiana degli europarlamentari in vista del dibattito che si terrà nei prossimi giorni sul Libro Verde presso il Parlamento Europeo. Ravello Lab non è solo un evento temporale ma è un percorso ben avviato che si propone per questo di incidere sul tessuto sociale e di scavare sulle radici dei territori”.

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