(Foto Nando Fontanella)
La nuova proposta di “regolamento di polizia urbana” approvata il 25/10/2010 dall’amministrazione comunale stabiese oltrepassa i confini provinciali assumendo, ormai, le sembianze di “caso sociale internazionale” .
Ad oggi la città in subbuglio discute e si divide, la stampa mondiale si interessa alla questione e persino esponenti del clero sfoderano le loro idee rispolverando dogmi medievali.
Veniamo al dunque: ci troviamo di fronte a una manovra mediatica insana o ad una scavatrice storica che riprende modelli socioculturali superati tendenti ad oltraggiare la dignità degli individui e la loro libertà di espressione?
Potremmo rimanere in superficie e già questo, banalizzando il problema, ci permetterebbe di contrastare molti dei punti sui quali è basato il nuovo concetto di “modus operandi” che ci viene ad oggi imposto. Vogliamo però andare oltre, mettere il naso dietro questa polverosa e obsoleta tenda nera concettualista che tenta di inglobarci come fosse un tendone da circo, o forse, di chiuderci dietro al sipario di un teatro per marionette. Il nostro occhio dietro la tenda però riesce a vedere, scorge la regola del divieto, la logica della proibizione per strumentalizzare immagine e cervello, nota chiaramente la norma della politica mortificante e discriminatoria, realizza l’avvisaglia dell’ascesa di un “regime” che limita lo sviluppo individuale e collettivo.
Ci perdoneranno se accendiamo una luce su ciò che noi siamo riusciti a vedere e se saremo voce controcampo in questo scenario di aberrante involuzione e ci perdoneranno ancora quando ci porremo indifferenti di fronte all’accusa di strumentalizzazione che ci è stata imputata. Resteremo scettici e immobili di fronte agli insulti infamanti e immotivati che ieri il nostro sindaco (Podestà) ci ha riservato nella sua “modesta” arringa istrionica e ci limiteremo, noi, sempre e solo a rispondere coscienziosamente e civilmente quando riterremo sia opportuno, senza gratuità di interventi immotivati che rasentano il ridicolo con infondate insinuazioni.
Non possiamo limitare il tutto alla mera scesa in campo di anticonformismo e conformismo che combattono per noi se è ormai chiaro che abbiamo idee di costruzione civile opposte, che alla nostra domanda di possibilità di opportunità la risposta è imposizione autoritaria.
La nostra pretesa è andare avanti, crescere, metterci al passo coi tempi, avanzare all’interno della nostra città sviluppando e creando spazi e idee in cui i singoli e la popolazione tutta possano esprimersi liberamente con rispetto sentendo sempre di appartenere a questo posto, alla sua anima e alle sue idee. Il soggetto non è da avvelenare ma da inserire in uno schema più ampio che lo renda parte attiva.
Mistifichiamo la chimera della libertà intesa come caos e poniamola come punto di partenza per una società migliore che non amputi l’evoluzione individuale, che non offenda la donna e non limiti l’espressione della sua femminilità, che non metta sotto le sbarre i luoghi pubblici, che non si abbandoni a retaggi culturali inquietanti; una società che non lasci indietro nessuno, che non emargini e che non cucia “stelle gialle” dietro gli abiti di coloro che sono inciampati nell’handicap della droga o dell’alcolismo.
Ci perdoneranno adesso se stiamo dicendo che non siamo disposti ad occultare la nostra vista, a legare le nostre mani, a metterci museruole e fare falò delle nostre idee.
Coscienti delle difficoltà siamo ancora convinti che, in questa partita, dovrebbero vincere le prospettive e non i “manganelli”.
Chiara Silvia Marchesano