Come commentare una tragedia. Purtroppo in questi casi perdiamo tutti, anche noi del Gazzettino.
La perdita della Casa dei Gladiatori non potrà essere risarcita in alcun modo e la consapevolezza che da sempre, dalle colonne del nostro giornale, denunciamo l’endemica incuria in cui versa il più grande monumento della romanità, di certo non ci gratifica.
Solo ora sembra che tutti si accorgano dei grandi errori perpetrati ai danni delle vestigia pompeiane. Solo oggi tutti i giornali e gli organi d’informazione sottolineano la tragedia sfiorata, fortunatamente il crollo è avvenuto all’alba, solo oggi qualcuno ha evidenziato quanto noi scriviamo e denunciamo da mesi.
Gli Scavi di Pompei escono da un commissariamento lungo ed estenuante e le rovine della città antica oggi mostrano gli interventi affidati alla Protezione Civile con la denominazione di “emergenza”.
La nostra voce è stata l’unica ad alzarsi contro lo scempio che gli “ultimi padroni” dell’antica Pompei sono stati capaci di mettere in piedi. L’inesistente emergenza, come successivamente ha sancito anche la Corte dei Conti, ha dettato gli interventi sul tesoro pompeiano con lo sperpero di oltre cinque milioni di euro e con l’aggravante della faccia tosta. Qualcuno è riuscito a vantarsi del risultato ottenuto e dichiarare di aver ridato “funzionalità al sito”. Che peccato che il teatro romano “ristrutturato” e non restaurato dagli “ultimi padroni” era prima di tutto un sito archeologico e successivamente un teatro. La faccia tosta è arrivata persino a sostenere che i lavori, oltre ad aver dato un teatro “nuovo” agli scavi, aveva anche portato alla scoperta di importantissimi reperti, ritrovati solo perché si è sventrato il teatro per ancorarvi in profondità le tonnellate di mattoni.
Bisogna dirle le cose. Bisogna dirle come sono, e bisogna dirle fino in fondo.
Cinque milioni di euro, tanto è stato speso per soffocare con il tufo l’antico teatro, avrebbero concesso alla Pompei antica di rifiorire, di aprire nuove domus e, chissà, magari di evitare il nuovo scempio a cui abbiamo dovuto assistere.
Essere in via dell’Abbondanza e ritrovare in macerie l’antica struttura che ospitava gli armadi lignei che custodivano le armi dei gladiatori, la casa in cui i giovani destinati all’agone nell’anfiteatro si allenavano, non ha fatto altro che riportare in un lampo il pensiero allo sfregio inflitto al “Nuovo Teatro Grande”.
Tutti si indignano. Il presidente Napolitano tuona, ma tanti, troppi sapevano. Hanno sempre saputo. Sapevano che i fondi per la manutenzione del sito archeologico più famoso al mondo sono da sempre endemicamente insufficienti; sapevano che troppe insule sono transennate e non visitabili; sapevano delle domus chiuse per un restauro che dura da troppo tempo. Sapevano anche delle case pericolose, o meglio, pericolanti, chiuse perché inagibili, proprio come la sbriciolata Casa dei Gladiatori. Sapevano tutto, ma erano in prima fila all’inaugurazione dello sfregio del Teatro Grande avvenuta prima dell’estate, presenti al concerto del maestro Muti, anch’egli sbalordito dal magnifico lavoro svolto dalla Protezione Civile che, come ho già avuto modo di affermare, troppo spesso mi fa sentire un “civile per niente protetto”.
Il ministro Bondi, che con tanta prontezza, ha visitato via dell’Abbondanza nella mattinata di domenica e con altrettanta prontezza ha tenuto a sottolineare il buon lavoro svolto durante il commissariamento, con tale comportamento si macchia di una chiara complicità a favore di chi per anni ha sfruttato gli Scavi di Pompei per fini ben lontani dal preservare i resti archeologici.
Lo stesso responsabile dei Beni Culturali, per salvare il monumento che appartiene a tutta l’umanità, ha annunciato piani speciali, ma intanto non si riesce a nominare un soprintendente che resti in carica più di quindici giorni.
Lo scempio è sotto gli occhi di tutti. Lo era prima del commissariamento, lo è oggi, ma quello che ci preoccupa ancora di più è che i nuovi fondi promessi dal governo, semmai dovessero giungere, rischiano ancora una volta di essere gestiti da chi non ama Pompei.
Gennaro Cirillo