Si è tenuta giovedì 11 novembre nella splendida cornice di villa Bruno a San Giorgio a Cremano la prima lezione del corso sperimentale di cultura vesuviana diretto dall’Arch. Aldo Vella.
Si deve, infatti, all’ex sindaco della città vesuviana, la programmazione dell’interessante iniziativa che si protrarrà fino al 18 dicembre configurandosi come percorso preliminare ai progetti, successivi all’istituzionalizzazione della Libera Università Vesuviana, di corsi post laurea e master in materia di studi vesuviani nell’ampia scelta tra branche che andranno dal restauro alla vulcanologia.
La prima lezione è stata curata dal prof. Alfonso Tortora, docente universitario di Metodologia della ricerca storica, che ha fornito ai corsisti molteplici informazioni sull’ampio tema Vesuvio e ciò che esso ha generato in termini culturali, sociali ecc.. spaziando tra filosofia, letteratura e storia.
Il prof. ha esordito con una conversazione sui molteplici significati del termine “identità” fino ad arrivare alla conclusione che proprio il Vesuvio, fin dai primi resoconti di chi ha potuto osservarlo, ha sempre rappresentato, più che un’entità naturale, un vero e proprio valore culturale nella coscienza della popolazione che vive alle sue falde e che vi si riconosce in tutti i suoi aspetti tragici o meno tragici, ma pur sempre affascinanti.
Il nostro vulcano può allora essere visto come vera e propria narrazione del rapporto dialettico tra passato e futuro dell’uomo e tra l’uomo stesso e la natura in tutta la sua potenza incontrollabile. Una narrazione dicevamo e di conseguenza simbolo stesso del tempo o meglio di motrice che scuote l’eternità e che, come sottolineato dal professore, produce storia proprio grazie alla paura che gravita intorno alla sua monumentale presenza. Quella stessa paura che porta inevitabilmente l’uomo a fare i conti con il proprio vissuto e con il proprio futuro.
Ebbene di questo si resero conto per primi coloro che quella realtà non la vivevano quotidianamente, ovvero i viaggiatori, spesso accorsi lì, come successe per l’eruzione del 1631, con viaggi lunghissimi e difficoltosi, per assistere al prodigioso evento e ritrovandosi poi fondamentali cronisti, descrittori talvolta minuziosi dal punto di vista scientifico, ma molto più spesso veri amanti del vulcano, come si evince dalle parole suadenti con cui raccontano un evento pur così catastrofico.
Un avvenimento, dunque quello dell’eruzione, di tale portata sociale da poter essere indagato sotto molteplici punti di vista, non ultimo quello del ruolo di mediazione della chiesa, e talvolta interferenza, della stessa nell’interpretazione dei fatti in vista di una vera e propria crisi della popolazione dell’epoca, presa nella morsa di congetture fatalistiche che riconducevano la calamità a possibili ripercussioni supreme per i peccati umani.
Nel suo ruolo di protagonista della storia, il Vesuvio, ha mostrato nei secoli un’ulteriore peculiarità, ovvero quella di continuare ad avvicinare le sue genti piuttosto che allontanarle, legandole con un saldo vincolo culturale. È per questo dunque che la giusta conclusione a questo primo incontro per il prof. Tortora è stata quella di ritornare al punto di partenza della lezione, definendo appunto la città vesuviana “identificazione di un modello di identità culturale coeso”.
Nell’800 nascevano già studi riguardanti l’ambiente vesuviano e gli aspetti sociali e culturali legati al fenomeno vulcanologico ma tutto si concludeva di fronte alla mancata possibilità di realizzare un vero percorso formativo in questo ambito e tra i motivi è da cercarsi la mancanza di coesione, tra lo stesso progetto e gli ideali politici del tempo, speriamo pertanto che l’attuale ambizione della LUV sia finalmente realizzabile oggi.
Stella Porricelli