Pompei crolla a colpi di stupidità, falsità e reticenze

Tante cose si sono dette e ancora per qualche tempo si continueranno a dire e a scrivere sulla tragedia degli scavi di Pompei. Molte banali e retoriche, moltissime senza senso, finanche stupide, alcune false, altre omertose, qualcuna reticente.

Si sono distinte, tra poche, le parole di Giorgio Napolitano: chiare, nette, con destinatari precisi. “Quello che è accaduto a Pompei dobbiamo, tutti, sentirlo come una vergogna per l’Italia”, ha dichiarato il presidente della Repubblica. “E chi ha da dare delle spiegazioni – ha aggiunto – non si sottragga al dovere di darle al più presto e senza ipocrisie”.

Proviamo, forse in maniera insolita a “riciclare”, per una ecologia dell’informazione, alcune delle parole dette, per comporre un racconto sul degrado di Pompei, che ci spieghi cosa è successo, perché è successo e come andrà per il futuro degli scavi.

“Quanto è accaduto ripropone la necessità di disporre di risorse adeguate per provvedere a quella manutenzione ordinaria che è necessaria per la tutela e la conservazione dell’immenso patrimonio storico artistico di cui disponiamo”. Lo ha detto subito Sandro Bondi, Ministro dei Beni Culturali, non, come pensate, il mio amico Aniello che si occupa di tutt’altro.

Qualche giorno dopo a Bondi ritorna la memoria e pensando alla sua iniziativa di commissariare gli scavi prima con un ex prefetto e successivamente con un collaboratore di Bertolaso, a cui ha fatto spendere 79 milioni di euro, il Ministro precisa in Parlamento: “Non è problema di soldi, i soldi per Pompei c’erano”, E aggiunge: “Dopo duemila anni, qualcosa vien giù, che c’entra il ministro?”.

Intanto, sembra proprio una critica ai lavori compiuti dai commissari per l’emergenza di Pompei quanto dice Roberto Cecchi, segretario generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali: “La cura di un patrimonio delle dimensioni di quello di Pompei – spiega Cecchi – e di quello nazionale non lo si può affidare ad interventi episodici ed eclatanti”.

“Quando abbiamo posto la questione del degrado negli scavi – dice la parlamentare  vesuviana Luisa Bossa, spiegando la psicologia operativa del ministro – Bondi ha risposto in modo piccato e risentito, difendendo il lavoro dei suoi commissari. Il crollo della Domus dei gladiatori è la drammatica, ma inevitabile, risposta a chi pensa che governare significhi raccontare una balla al giorno – aggiunge Bossa – attaccando chi a quella balla non crede perchè le cose va a guardarle con i suoi occhi”.

Intanto Bondi, sentitosi aggredito, rivolge a tutti un appello: “Non siate cattivi, non lo merito, chiedere le mie dimissioni è moralmente ingiusto”.

A giugno, sempre in Parlamento, Bondi rispondendo ad una interrogazione in cui si parlava anche dei lavori che hanno violentato il Teatro grande di Pompei, dichiarava con fierezza: “Chi si recherà questa sera a Pompei e chi vi si recherà anche nei prossimi giorni e mesi si renderà conto, di persona, degli straordinari lavori che sono stati compiuti, grazie a questo governo, dal momento in cui la stampa ha denunciato lo stato di degrado vergognoso in cui si trova l’area archeologica”.

“Se avessi responsabilità per ciò che è successo a Pompei – dice il Ministro – avrei dato io per primo le dimissioni senza che nessuno me lo chiedesse”. Poi medita e illustra qual è il suo alibi di ferro (a parlare, per favore nessuno si distragga, è sempre il Ministro e non il mio amico Aniello): “sarebbe giusto riconoscere che i problemi di Pompei, come del resto la situazione in cui versa l’intero patrimonio artistico del nostro Paese, si trascinano da decenni”.

Quest’ultima ghiotta notizia di fonte ministeriale la raccolgono tv e giornali del mondo intero, tra cui il «New York Times», l’«International Herald Tribune» e la Bbc che spiegano con soddisfazione dell’intera Italia e dei suoi operatori turistici, che “il crollo della Domus dei Gladiatori solleva preoccupazioni sull’attenzione da parte dello Stato italiano verso i suoi tesori archeologici”.

Il crollo, si legge sul sito della televisione australiana Abc, “è stata la scintilla che ha innescato un nuovo dibattito su quanto il governo italiano sta facendo per salvaguardare un patrimonio mondiale”. “Ora sono veramente rovine: la Casa dei Gladiatori di 2000 anni va in frantumi a Pompei”, è l’amara ironia che fa nel suo titolo il sito del «Daily Mail» sottolineando che “le autorità locali hanno dato la colpa alle pesanti piogge” e ricorda che “molti esperti avevano denunciato il degrado e l’abbandono dell’area”.

Allora è chiaro a tutti cosa è successo, perché è successo e come andrà per il futuro degli scavi?

Meglio chiudere qui.

Antonio Irlando

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