Tarderà molto a nascere, se nasce, una vesuviana così ricca di “cunti” come la scrittrice Maria Orsini Natale. L’autrice di “Francesca e Nunziata”, “La Bambina dietro la porta”, “Il terrazzo della villa Rosa” “La favola del cavallo” è scomparsa l’11 di novembre, ed il nostro giornale già ha pubblicato un breve ricordo nel numero scorso. “La scrittura è un mio hobby, affermava Maria ne “Il Girasole della memoria” (lunga intervista realizzata dalla giornalista Gioconda Marinelli), un optional. Devo farmi ladra di tempi e di ore… perché il mio lavoro è fare la nonna a tempo pieno, mandare avanti una casa dove quasi tutti gli abitanti scompaiono alle sette e trenta del mattino e mi lasciano con due cani e un rosso gatto stupendo… A volte scrivo di notte e mi piace farlo nel grande silenzio. Di giorno qualche pentola si attacca perché corro a segnare un pensiero”. La narratrice vesuviana indirizzava i suoi scritti alle nuove generazioni affinché imparassero ad amare la propria terra, oggi così vessata da eventi che ne hanno guastato il vivere sociale, terra di cui Lei esalta qualità e peculiarità. La Orsini ha rievocato i tempi belli dei maccheroni, quando la stessa farina veniva impastata con i piedi e Torre Annunziata era sulla cresta dell’onda, quando il commercio di quell’oro bianco, di quell’artigianato così attivo ed efficace, fioriva con profitto. Nel suo più noto romanzo, con la grazia e l’espressività di un menestrello, la Orsini Natale narra di una donna, un’ottocentesca donna-maneger, che riesce a trasformare un originario impianto artigianale in una moderna azienda industriale. Tutti i romanzi della scrittrice sono veri “cunti”, nella tipica tradizione partenopea, che hanno però accenti moderni e che tengono conto dei cambiamenti sociali. I suoi libri sono scevri da pedanterie e si leggono piacevolmente, pagine e pagine piene di colori dai toni divertenti, aromi familiari che esaltano e rievocano un universo ormai scomparso.