Scavi di Pompei: accordo per i custodi. Antonio Irlando: “Nuove assunzioni per aprire altre domus”

Esiste già da settimane un accordo di massima tra sindacati e Soprintendenza per il problema delle tredici case che resterebbero scoperte ad inizio 2011. E a spiegarlo è Antonio Pepe Segretario della Cisl bac Pompei. «Nell’ambito del progetto di produttività – spiega Pepe – esiste da settimane un accordo decentrato, all’interno del Ministero, che prevede uno straordinario fisso per i custodi degli Scavi di Pompei a partire proprio dal primo gennaio e fino al 31 dicembre 2011. Il progetto prevede che, in mancanza di 26 custodi (due turni per ogni casa), chi già lavora quotidianamente non osservi il turno di festa e lavori in quel giorno, permettendo l’apertura delle tredici domus a rischio chiusura». Dunque, l’allarme lanciato dalla Cgil pare sia infondato. «In effetti – aggiunge il segretario Cisl Bac – a fine mese scadrà l’accordo sindacale firmato nel 2008, ma ne esiste già un altro che deve soltanto essere firmato. Se non con l’attuale soprintendente, la firma ci sarà con il nuovo titolare della soprintendenza di Pompei». Insomma, al massimo l’accordo slitterà ad inizio anno, quando cioè Jeannette Papadopoulos lascerà l’incarico a scadenza che le è stato affidato dal ministro Sandro Bondi. E i fondi? «La Soprintendenza già li ha bloccati in vista del prossimo anno – risponde Pepe – e, anzi, quei soldi sono già impegnati per il rilancio della prossima annualità».

Gianfranco Cerasoli, segretario nazionale della Uil Bac conferma questa ipotesi: «Stiamo perfezionando un accordo che già esiste, ma eventualmente aspetteremo il nuovo Soprintendente per la firma. È chiaro che le domus si apriranno e non ci saranno problemi, di sicuro non è negli interessi del Ministero chiudere della tredici case ai visitatori». Dunque, cancelli aperti anche per le case degli Amorini dorati, del Menandro, di Sallustio, di Marco Lucrezio Frontone, di Obellio Firmo, dell’Ara Massima, dei Quattro Stili, di Casca Longa, di Giulio Polibio, dei Casti Amanti, della Fontana Piccola a Mosaico, del Foro Boario e il Termopolio. Il rischio paventato dalla Cgil non è reale e l’accordo si farà.

Ma non sarebbe meglio trovare nuove strategie che possano preservare le tredici domus in questione e anche qualche altra casa che tuttora resta inaccessibile al pubblico? Secondo Antonio Irlando, responsabile dell’Osservatorio Patrimonio Culturale questa eventualità è possibile e, anzi, potrebbe addirittura avere risvolti sociali da non sottovalutare.

«I fondi della soprintendenza – spiega Irlando – permetterebbero di finanziare nuove assunzioni nel settore della vigilanza e della sorveglianza, e a Pompei servono nuovi custodi. Basta con le soluzione temporanee, bisogna pensare a progetti ordinari che permettano di creare occupazione, tra l’altro in territori delicati come quelli campani, per tenere aperte le tredici domus e anche altre. Ci sono tante case, belle almeno quanto quelle già aperte, che meriterebbero di essere visitate. Bisogna, dunque, aumentare il numero di custodi all’interno degli Scavi, non ridurlo. In questo modo aumenterebbero anche i visitatori. La formula? Accordi con le cooperative, nuovi contratti, bandi. Non importa: serve solo l’assunzione di personale, che non andrebbe nemmeno a gravare più di tanto sui bilanci della soprintendenza». Il discorso è semplice: aumentare l’investimento, utilizzando denaro che è già in cassa, per farne entrare altro. «Si continua a parlare di sviluppo dei beni culturali – conclude Antonio Irlando – ma senza parlare mai di nuove assunzioni. Questa è una cosa inconcepibile, soprattutto in una realtà come gli Scavi di Pompei che vive un problema strutturale come quello della carenza di personale».

Intanto, finite le ispezioni dell’Unesco ai siti di Pompei, Ercolano e Oplonti, l’attenzione si concentra sull’incontro odierno organizzato da Anci Campania. I sindaci dei Comuni di Pompei, Portici, Ercolano, San Giorgio a Cremano, Torre Annunziata, Torre del Greco, Castellammare di Stabia e Sorrento, si incontreranno per coordinare interventi volti alla salvaguardia degli scavi, «visto che il Parlamento e il Ministero tardano a trovare soluzioni» come spiega il presidente Anci, Nino Daniele.

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