La prima opera messa in scena, con la regia di Gianni Parisi, è stata ‘La Cantata dei pastori’di Andrea Perrucci, risalente alla fine del ‘600 e scritta per tramandare ai popoli il messaggio cristiano in maniera limpida e pura da qualsiasi ‘intrusione’ scenica. Successivamente la trama ha subìto significative variazioni, fino a vedersi inserire nella ‘storia’ personaggi comici, quali lo ‘scrivano’ Razzullo e ‘Sarchiapone’, capaci di dare all’opera un nuovo senso artistico che, se da un lato ha concesso minore spazio alla componente strettamente religiosa rapportata alla nascita del Cristo, dall’altro ha arricchita la scena di una comicità che per certi versi fa a cazzotti con gli intenti originari. Ma non è che per questo ne perda in spettacolarità. Anzi, l’innesto ‘new-entry’ ha divertito oltremodo il pubblico anche perché i dialoghi – forse un tantino prolungati ma ben orchestrati dai protagonisti – servendosi di un linguaggio alquanto colorito, hanno suscitato più volte l’applauso e la risata del numeroso pubblico accorso nel ‘gioiellino’ savianese. Lo stesso Giuseppe, in versione ‘rimbambito’, al braccio di Maria che era lì lì per partorire, ha suscitato tanto buonumore in sala ad ogni apparizione sul palco. Diavoli e diavolesse, poi, intenti ad ostacolare la nascita del ‘Bambin Gesù’, relegati al ruolo di ‘can che abbaia non morde’ … hanno provocato un sano umorismo nei maldestri tentativi di mettere in atto i propri intenti ‘delittuosi’ finiti vanamente nel nulla, per la risolutiva, inevitabile sconfitta finale. Che poi sarebbe il sopravvento del bene sul male! Che tradotto in parole povere rileva l’annientamento subìto da Lucifero e company ad opera dell’Arcangelo Gabriele, che ha respinto ogni assalto inneggiando minacciosamente la sua invincibile spada! ‘Don Arcangelo’, per dirla alla Sarchiapone! Il regista Gianni Parisi, attualmente impegnato con la compagnia di Carlo Buccirosso, aveva già avuto modo di rappresentare tale commedia con la compagnia del teatro ‘Sannazzaro’, traendone indicazioni valide per le successive riproposizioni. A beneficiarne soprattutto gli studenti, che hanno goduto di vari spettacoli messi in scena nei locali cinematografici della zona vesuviana. Nell’occasione il palco del teatro savianese è stato adornato da una scenografia che ha messo in evidenza la contrapposizione tra il predominante rosso e nero dello sfondo, all’iniziale apparizione dei ‘diavoli’ dal linguaggio ‘sboccato’ e minaccioso … e le tinte chiare e luminose regnanti durante i dialoghi comici oppure lungo il vago ‘peregrinare’ di Giuseppe e Maria. Il tripudio finale avvertito con la nascita di Gesù per la salvezza dell’umanità, con Razzullo e Sarchiapone ad occupare i posti del bue e dell’asinello, ha infine dato l’impressione di avvicinare le componenti comico/religiose in un unico contesto, fino a vederne meno lontane le differenze. E così che il clima natalizio si è diffuso sul palco ma anche in platea, come emanato da una magica cappa in grado di infondere un sereno benessere spirituale. Ma l’ultima suggestione a picchiare sulle corde emotive dell’attento spettatore, è comparsa alla proposizione della note e della voce giovanile di: “Quann’ nascett’ ‘o Ninno”. Siamo sicuri che, allora, qualche lacrimuccia sia comparsa.
La seconda rappresentazione, “Palommella alla Luce del Sole”, proposta dalla compagnia sarnese “In Alto Mare”, verte su una trama ambientata agli inizi degli anni’90 ma tutt’ora attuale. Ricalca i temi ‘caldi’ del nostro tempo in un realismo/pessimismo che investe sia l’aspetto interiore che quello sociale, facendosi forte delle significative espressività del corpo e dell’animo, attingendo dal teatro, dalla musica, alternando comicità e drammaticità alla ricerca del concetto non solo teorico di ‘Libertà’. L’intreccio sociale in cui si svolge la vicenda è impiantato in un quartiere come ce ne sono tanti della nostra Napoli, dove il desiderio di vivere liberi, la ribellione ad un ‘male’ che nasce dal bisogno, dalla povertà, dalla rabbia, scorrono veloci penetrando ovunque, ma che, avvalendosi di precise ‘strategie’, cercano di evitare gli ostacoli e raggiungere i propri obiettivi. “Invade il tuo territorio, il tuo sistema, il tuo quotidiano e senza accorgertene diventi il suo complice … Provi a reagire per cercare una via d’uscita fidando sulla passione, sull’arte o semplicemente ‘facendo gruppo’, aggregazione!”.
Ognuno dei personaggi dell’opera scritta e diretta da Francesco Mancuso, prova ad esprimere il proprio malcontento partendo dal contesto in cui vive rapportato alla propria età. Ed ecco che troviamo Don Pino, ‘padre coraggio’ che si ribella alla criminalità organizzata del quartiere provando a dare esempio, forza e audacia ai giovani disorientati, creando un centro di aggregazione per tenerli lontani di pericoli malavitosi. Una calamita che invoglia al senso di libertà attraverso l’arte, ma anche inscenando una protesta con striscioni per un’antenna che provoca inquinamento atmosferico a ridosso di una scuola, autorizzata da un sindaco compiacente che baratta la salute della gente, soprattutto minori, per ‘diecimila’ euro! Senza tralasciare la ‘munnezza’, simbolica ed effettiva dei nostri giorni che provoca malattie, ma anche immagini di degrado della nostra dignità di città tra le più belle al mondo! Che squallore!
C’è Michelangelo, nostalgico idealista, artista di strada che crede ancora in ‘pullecenella’ … che è riuscito a sopravvivere al carcere minorile per una vita semplice, fatta di stenti, ma che comunque sciorina con dignità alla sua famiglia, ai suoi amici e, ‘ringhiando’ anche al ‘guappo’ della zona. La sua mancanza di ambizioni – quelle alla ricerca del benessere, del vita facile, della ricchezza – gli ha fatto fallire il matrimonio! Ma lui, nonostante tutto è rimasto in trincea! Ed anche il figlio, Francesco, gli rinfaccia continuamente il suo ‘fallimento’ nel confessargli che vuole fuggire da questa tremenda realtà che offre solo degrado e paura appena fuori dall’uscio di casa, in uno scontro generazionale così frequente in ogni nucleo familiare. Ma c’è la sua ragazza che aspetta un figlio! Ed allora i suoi propositi di ‘fuga’ si sciolgono in un dolce sogno di un futuro da padre, nella cui ottica si augura che il nascituro non gli faccia passare gli stessi ‘guai’ che lui ha creato al buon Michelangelo, per il quale propone la ‘supponta’.
C’è ‘Tanino’ l’ignorante pseudo attore che nel vano tentativo di sciogliere l’amletico dubbio Shakespeariano ripete con la ‘capa e morta’ in mano: “E’ essa o nun è essa?”, scatenando l’ira del ‘registro’ della recita parrocchiale che non sa come spiegargli la ‘parte’. La ‘saggezza’ della ‘donna di casa’ che invita i propri cari a stare lontana dai guai, fa da contraltare alla delusione del ‘trans’ che dopo il cambio di sesso si accorge di non essere ne carne e ne pesce … che, diventata ‘donna’ non potrà mai essere mamma! … E la delusione delle giovani che fanno tardi di notte, che si svegliano stanche, svogliate, deluse … sempre in ritardo ai loro appuntamenti e ‘incompresi’ principalmente dai genitori, neanche se i mali della società derivassero tutti da chi li ha messi al mondo!
E’ ‘Palummella’, simbolo principe di libertà che tiene acceso il fuoco della speranza, a infondere sempre nuove energie a chi non si arrende, a chi smette mai di lottare. Nemmeno lo stridìo di gomme sull’asfalto seguito da tre colpi di pistola al sacerdote che ha fatto un’omelia accalorata contro i soliti noti può spezzarne le ali! Nemmeno il sacrificio di Falcone e Borsellino e degli uomini di scorta può essere messo a tacere. Nemmeno l’ultimo dei caduti per aver lottato contro le ingiustizie di un ‘sistema’ disegnato da cattivi governanti a propria immagine e somiglianza, dove degrado e corruttele sono diventate fatto quotidiano … vedrà zittita la propria voce!
Mauro Romano