Inaugurata la mostra Ori e Argenti dell’Annunziata

Inaugurata nella Cappella Palatina del Maschio Angioino, la mostra Ori e Argenti dell’Annunziata. In esposizione una quarantina di pezzi risalenti ad epoche tra il 1600 ed il 1800 ed appartenenti all’arredo sacro e liturgico, e centinaia di oggettini tra collane, anelli, bracciali, ex voto e antichi orologi, oggetti che le madri costrette ad abbandonare i bambini presso la Ruota dell’Istituto Madonna dell’Annunziata, lasciavano indosso ai propri figli, con la speranza di poterli un giorno ritrovare.

   I “figli della Madonna o Esposti” – precisa la brochure – erano accolti dalle balie presso l’istituzione ed era assegnato loro un cognome che, almeno fino al 1811, fu lo stesso per tutti, “Esposito”. Solo in seguito ad un editto reale, il cognome Esposito lasciò spazio ad altri nomi dettati dalla fantasia di medici e balie che prestavano ai piccini le prime cure. I piccoli gioielli o la metà di un’immagine che e madri lasciavano ai figli abbandonati nella ruota, simboleggiavano il legame affettivo tra le donne dell’epoca e i propri figli.  Al primo ospite fu imposto il nome di “Fabritio de anni due”.

      La ruota visitabile nell’antico istituto di Via dell’Annunziata, nel cuore di Forcella non è altro che una buca quadrata nel muro, attrezzata con un tamburo di legno ruotante su dei cardini, che collegava l’esterno alle sale della Casa Santa dell’Annunziata dove erano abbandonati i piccoli garantendo l’anonimato a chi li depositava.
       Rigirando la ruota, dall’interno, le suore, raccoglievano il neonato che sarebbe stato poi allevato nell’ospizio.
       Considerata un progresso al momento della sua istituzione, la ruota è stata per molte migliaia di esseri umani l’anticamera della morte, ma per altri, gli “esposti” che sopravvivevano, la via d’accesso ad una vita rispettabile.
       Nei secoli passati, la miseria era tale che alla “ruota” erano portati anche bambini di 8-10 anni e per farli passare attraverso la buca che è larga meno di un palmo, li cospargevano di olio, ma nonostante questo, i corpi straziati riapparivano all’interno con le articolazioni fratturate se non peggio.
       Secondo la tradizione, due nobili napoletani, i fratelli Nicola e Giacomo Scondito, per sciogliere un voto fatto durante un periodo di prigionia, fondarono una Chiesa con annesso ospedale fuori le porte della città, in un posto conosciuto come “Il malpasso”, perchè frequentato da malviventi e prostitute.  

        Una sera, rientrando i confratelli rinvennero sui gradini della chiesa un bambino abbandonato. La commozione fu tale che uno di loro decise di adottarlo. Divulgata la notizia del ritrovamento e dell’adozione accadde che, spesso, in quel posto, di notte fossero abbandonati bambini.
       Da qui la decisione di lasciare aperta, di notte, una sala dove i ragazzi potevano essere depositati al coperto. Nel 1343 la regina Sangia di Maiorca chiese alla pia istituzione di trasferirsi in un altro convento, più spazioso poco lontano, dove fu istituita la ruota.
       Ai “figli della Madonna” era imposto il nome del Santo del giorno e il cognome di Esposito derivato dal fatto che essi erano “esposti” al pubblico, per consentirne l’eventuale adozione da parte di persone che ne facevano richiesta, cosi come pure erano “esposte” le ragazze, che raggiunta l’età da marito, il 25 marzo, festa dell’Annunciazione di Maria, erano radunate nel cortile della Santa Casa per essere presentate agli scapoli, i quali potevano sceglierne una gettandole un fazzoletto che la prescelta poteva raccogliere in segno di adesione al matrimonio.
       Tra alterne, ma pur sempre tristi vicende, la ruota ha svolto questo ingrato compito fino al 1875, anno in cui fu abolita. Rimase la funzione di brefotrofio fino a, quando nel 1980 gli ultimi venticinque bambini non furono trasferiti in altri istituti.
       La storia della Real Casa dell’Annunziata è stata raccontata da Maria Teresa Iannitto in un bel libro di nove capitoli, dal titolo “La ruota della vergogna”, pubblicato da Colonnese.
       Attraverso la “buca” della Santissima Casa dell’Annunziata è passato pure un grande artista napoletano. Il giorno 16 luglio 1852 mani ignote deposero nella “ruota” un corpicino: quello dello scultore Vincenzo Gemito che “una divina follia tenne più vicino alla bellezza che non alle miserie della vita” come recitano le parole incise su una lapide in suo ricordo.
       Ora della Santissima Casa dell’Annunziata rimane la chiesa aperta al culto, l’archivio e l’ospedale di ostetricia che rischia la chiusura per il piano di stabilità della sanità. All’archivio possono entrare studiosi e diretti interessati a conoscere la propria storia non prima di 70 anni dalla nascita.

    La Cappella Palatina è ricca, inoltre, di pregevoli sculture del Rinascimento napoletano ed è possibile una visita alle torri del Castel Nuovo.

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano
Condividi
PrecedenteVico Equense, Capodanno con Povia
SuccessivoSorrento Jazz XI edizione
Il giornale “il Gazzettino vesuviano”, fondato nel 1971 da Pasquale Cirillo e attualmente diretto da Gennaro Cirillo, si interessa principalmente delle tematiche legate al territorio vesuviano e campano; dalla politica locale e regionale, a quella cultura che fonda le proprie radici nelle tradizioni ed è alla base delle tante associazioni e realtà che operano sul territorio.Siamo impegnati a garantire la massima qualità e la massima integrità nel nostro lavoro giornalistico. Ci impegniamo a mantenere alti standard etici e professionali, evitando qualsiasi conflitto di interesse che possa compromettere la nostra indipendenza e la nostra imparzialità.Il nostro obiettivo è quello di fornire ai nostri lettori notizie e informazioni affidabili su una vasta gamma di argomenti, dalle notizie di attualità ai reportage approfonditi, dalle recensioni ai commenti e alle opinioni. Siamo aperti a suggerimenti e proposte dai nostri lettori, e ci impegniamo a mantenere un dialogo aperto e costruttivo con la nostra community.