Libero Mancuso inizia il suo discorso concentrandosi sulla attuale problematica degli operatori sociali, categoria che vive oggi una grave crisi e concedendo spazio al discorso di un loro rappresentante. Mancuso respinge vivamente le accuse non tanto velate, fatte dagli altri contendenti: accuse che lo dichiarano inadatto a governare Napoli a causa della sua lontananza da questo mondo in questi anni. Si chiede quindi come la “continuità amministrativa” di certi candidati possa essere considerata realmente un bene per la società napoletana, in che modo si possa così puntare a un deciso cambio di registro delle istituzioni e dei partiti.
Non si professa disfattista, ma anzi di appartenere all’ala progressista di questa società, avendo come proposta impellente quella di “snellire” la macchina amministrativa comunale, di presentare sempre bilanci trasparenti e non abbandonarsi a sprechi e inutili consulenze. Mancuso mette quindi al servizio di Napoli la sua esperienza di magistrato integerrimo, nonostante le noie che in passato lo hanno assillato per la difesa di alcuni collaboratori di giustizia.
Parole di fiducia per i giovani che rappresentano la vera speranza ma che rischiano di vedersi tolte le loro, di speranze.
L’intervento di Nichi Vendola è costantemente interrotto da numerosissimi applausi, gli accenni a Marchionne e al dramma del no al contratto collettivo nazionale sul lavoro, infiammano l’eterogenea platea del teatro. Il leader condanna, la tematica del “se fossi operaio”, dell’impossibilità per un parlamentare, di capire le reali esigenze di un operaio; appoggia la necessità della ribellione come progresso. Rigetta, inoltre, le accuse rivolte a un suo certo modo di fare politica nel centro sinistra, che non rispecchia il concetto di “modernità”: concetto che Vendola stesso non riesce a capire nelle sue effettive fattezze, se non riuscendolo a palesare nella distruzione del welfare e nella protezione della più ceca rendita finanziaria.
Parafrasando Gramsci accenna poi alla “morfinizzazione intellettuale” dell’Italia, acuita dalle riforme Gelmini e da un sistema governativo ormai desueto; ammette poi, che non pone nessun vincolo su una coalizione nel centro sinistra, a patto che alla base di questa ci sia la contestazione reale dei modelli attuali di amministrazione.
La spinta vitale del centro sinistra a Napoli e in Campania deve essere, precisa Vendola, l’ autocritica costruttiva , che deve indicare i mali che in questi anni hanno offeso il capoluogo campano. La chiusura del teatro di Nino D’Angelo rappresenta in questo senso, un aiuto alla camorra, che invece si combatte con la cultura e il senso di bene comune, oltre che con la bellezza.
Questa città, conclude Vendola, che in prima persona ha cercato di aiutare( accentando lo sversamento di sessanta mila tonnellate di rifiuti in Puglia), non deve rappresentare un corpo morto per l’Italia, ma anzi deve essere uno snodo principale per la celebrazione dei centocinquanta anni della storia dell’Italia.
Mario De Angelis