Volevamo essere Maradona

Un racconto semplice e schietto, che narra delle gioie dei giovani di qualche anno fa, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, quando bastava poco per essere felici. Tutto questo è “Volevamo essere Maradona”, libro scritto da Rosario Cuomo ed edito da Cento Autori (collana Leggere veloce). «“Volevamo essere Maradona” – spiega l’autore – narra del più puro e semplice dei sentimenti: la felicità. Uno stato che qualche anno fa un gruppo di ragazzini, che io conosco molto bene, raggiungevano con estrema semplicità. Bastavano sette otto monete dorate da duecento lire, di quelle che si recuperavano facilmente fra i cuscini di un divano o, lievemente arrugginite, dai pantaloni al sapor di tabacco del nonno  ed il gioco era fatto. Si andava da Cilarda “Tutto per la casa”, si acquistava un Super Santos e si era già felici. Guardare oggi a quei giorni ormai persi ci può rendere un filino malinconici; ed a che cosa serve la malinconia, se non a far venir voglia di riviverli quel periodo felice e spensierato?».
Il libro spiega anche cos’è il calcio per il Sud e per tutti i Sud del mondo, come viene vissuto da ragazzi che trasformano una piazza in pietra e marmo nel teatro di epiche partite di cui si tramandano gli aneddoti e le imprese, cosa ha rappresentato per un’intera generazione vivere le gesta di una divinità del calcio e cosa è rimasto dei sogni di quei giovani. «Altro fattore caratterizzante del racconto – aggiunge Rosario Cuomo – è il periodo storico, calcisticamente parlando, nel quale il racconto è ambientato. La storia, in quegli anni, ha fatto tappa a Napoli, scaraventando il più grande giocatore di tutti i tempi e le sue prodezze sul verde manto del San Paolo. Ed è proprio a lui che i bambini protagonisti del mio racconto si ispirano, fra un tacco ed un passaggio di prima. Maradona – conclude – è il mito inavvicinabile ed ineguagliabile, ma la gioia che sprizzavano i suoi piedi appartenevano a tutti noi; lo ammise il Pibe de Oro alla sua presentazione, in quel famoso 5 luglio 1984, in cui dichiarò che la sua unica missione era far felice i napoletani». Nel racconto, con uno stile che intreccia i toni intimisti alla descrizione di costume, si guarda al calcio, al di là del suo aspetto sportivo, come matrice di una società complessa che individua nella passione la via se non per la sua emancipazione, quanto meno per la sua voglia di vivere.

Catello Somma

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