«Tonnellate di merda a mare». Così i esprimeva a telefono l’ingegner Generoso Schiavone, responsabile del ciclo delle acque per la Regione. parlando con Antonio Recano, funzionario addetto al commissariato straordinario per le acque e le bonifiche, ricordando che «la merda di Acerra va nei Regi Lagni», cioè a mare. Questa ed altre intercettazioni fra tecnici e funzionari della regione Campania, imprenditori e gestori privati sono state utilizzate dagli investigatori che hanno indagato sull’ipotesi di associazione per delinquere che tra gli altri vede coinvolti Gianfranco Mascazzini del Ministero dell’Ambiente, l’ex governatore della Regione Campania Antonio Bassolino, il capo della sua segreteria politica Nappi, l’ex assessore Nocera e gli ex commissari Di Gennaro e Catenacci. Quest’ultimo, in particolare, ha provato a difendersi dinanzi ai pm, ricordando che le strategie adottate evitarono affari illeciti ben più gravi, incassando però la chiosa dei giudici che bollano come «qualunquiste e generiche» le sue parole. Invece di interrompere tutto – ragionano i magistrati titolari dell’inchiesta, il procuratore aggiunto Aldo De Chiara e i pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo – per un servizio di depurazione inesistente, rimasero tutti in sintonia. Il tutto per la solita logica secondo cui emergenza produce soldi, carriere, clientele. Una lettera che risale al 12 novembre del 2002 in cui Bassolino manifestava la sua preoccupazione per le condizioni dell’impianto Foce Lagno, tradirebbe la conoscenza da parte dell’ex governatore del cattivo funzionamento degli impianti di depurazione. È il cinque marzo del 2007, quando ci prova il prefetto Alessandro Pansa a richiamare l’attenzione di politici e amministratori sul caso percolato. Una nota ufficiale indirizzata ai vertici della società Hydrogest, ma anche all’allora capo della protezione civile Guido Bertolaso (che in questa vicenda non risulta indagato), ma anche all’ex assessore Nocera, al presidente della regione Bassolino. Chiaro il messaggio espresso nel corso della nota: rispettare le regole e i parametri del conferimento dei rifiuti. C’è un’altra storia raccontata, un’altra vicenda personale narrata nelle pagine sulle tonnellate di percolato gettate in mare. È il caso di Luigi Sarno, lavora in Provincia, uno che ha avuto il coraggio di mettersi di traverso. E che ha sollevato non pochi malumori nelle conversazioni interne al commissariato: «Questo si è messo in testa che il percolato non può essere dato, perché gli impianti non sono funzionanti, è chiaro che dobbiamo mettere qualcun altro al posto suo. Secondo me parla perché manovrato politicamente – aggiunge – è ovvio che dobbiamo proporre qualcun altro al posto suo».
Antonio Averaimo