Si ridimensiona il caso riportato da alcuni mezzi di informazione locali relativo al “bambino con la pistola”. Quanto accaduto a Lettere nella mattinata di giovedì scorso ha una sua spiegazione che sicuramente va ricercata nel desiderio di mettersi in luce con i compagni con l’ausilio di un “giocattolo” fuori dal comune. Il piccolo alunno, iscritto alla seconda elementare al plesso Longobardi dell’Istituto Comprensivo Silvio Pellico del piccolo centro dei Monti Lattari, aveva portato a scuola quella che apparentemente sembrava una vera e propria pistola. Con la stessa effettivamente aveva giocato mostrandola ai compagni di classe per poi riporla prima dell’arrivo dell’insegnante, ma una volta scoperta e consegnata al preside dell’istituto, che prontamente aveva avvertito i carabinieri della locale stazione, si era rivelata una semplice scacciacani. L’arma, poco più di un giocattolo, come hanno confermato gli stessi carabinieri al dirigente scolastico, Eliodoro Giordano, era, in effetti del tutto innocua per l’incolumità di alunni e maestri. Purtroppo del tutto simile ad una vera pistola, aveva fatto allarmare quanti l’avevano rinvenuta in possesso del bimbo.
«Non appena messo a conoscenza di quanto stava succedendo – ci ha confermato il preside Giordano – ho avvertito i carabinieri che dopo aver preso visione la presunta arma da fuoco hanno subito dichiarato che si trattava di una scacciacani. Consegnata l’arma alle forze dell’ordine, la tesi mi veniva definitivamente confermata pochi minuti dopo, con una telefonata degli stessi carabinieri che l’avevano analizzata presso la caserma. La tensione che si era creata nei primi minuti, nel giro di circa mezz’ora, si era del tutto sgonfiata, ma poi alcuni mass-media hanno deciso di farne un caso. Senza spiegare quanto veramente accaduto è stato gettato gratuitamente fango sulla comunità letterese».
Restano ancora degli interrogativi, legati in particolar modo alla richiesta di attenzione inconsciamente fatta dal giovane alunno e alla custodia di un oggetto che, pur non essendo un arma da fuoco, doveva essere custodito con più accortezza e fuori dalla portata del bambino. «Un episodio degno di attenzione da parte della scuola – ha concluso il dirigente della scuola – ma nulla a che vedere con ambienti degradati; il gesto di un bimbo che, ad appena sette anni, ha sicuramente pensato principalmente ad un gioco che l’avrebbe messo al centro dell’attenzione con i compagni di classe».
Gennaro Cirillo