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Rassegna teatrale all’Auditorium di Saviano

La Rassegna Festival città di Saviano: in questa occasione  il sipario si apre per la compagnia teatrale “O Spassatimpo “ di Tufino. L’opera proposta è stata “Nù bambeniello e tre San Giuseppe” di G. Di Maio, per la regia di Franco Tortora. Gaetano Di Maio è stato un commediografo di rilievo. L’autore della rappresentazione debuttò come scrittore nel 1948, a soli ventun’anni, autore e attore di celebri sceneggiate. Era discendente da una importante famiglia napoletana di attori e scrittori: i Di Maio. Uomo di raffinata cultura, studioso di filosofia e di letteratura, esordì nel 1948. Da ricordare che dal 1972,  ebbe inizio la sua collaborazione con la Compagnia Stabile del Teatro Sannazaro. I titoli più importanti, tanto per citarne alcuni,  furono: “Mpriesteme a mugliereta”, “È asciuto pazzo ‘o parrucchiano”, che traeva origine dal precedente lavoro, “Madama Quatte solde”,  “Arezzo 29 in tre minuti” ed altro. Le sue opere sono state interpretate, fra gli altri, da Ugo D’Alessio, Luisa Conte, Pietro De Vico, Gennarino Palumbo, Rosalia Maggio, Enzo Cannavale, e a Parigi, da Jacques Fabri. Di Maio si cimentò anche nella riscrittura di testi classici, come con Lisistrata. Fu pubblicata postuma, nel 1994, la raccolta di poesie in lingua, trovate dal nipote Ernesto Paolozzi. Attualmente anche il noto Oscar Di Maio, suo nipote, è un affermato attore teatrale e televisivo. Non a caso, Oscar Di Maio, è stato ospite d’onore nella serata della seconda replica. La commedia “Nu’ Bambeniello e tre san Giuseppe“ di G. e Olimpia Di Maio che in passato ha avuto celebri interpretazioni di attori come Luisa Conte, Giulio Adinolfi, Tullio Del Matto, Nino Taranto, esaminata, sinteticamente, nella trama: L’ episodio scenico si svolge in un piccolo paesino precisamente in un cortile interno dal quale si accede per un piccolo cancello. Un paesaggio suggestivo di una campagna come poteva essere alcuni anni fa.  Carmelina, questo il nome della protagonista, per sfuggire ad una realtà forse, provinciale, e senza alternative accetta di recarsi a Roma, a Cinecittà. Difficilmente i sogni e le speranze trovano realizzazione in modo sì immediato. In questo mondo incantato, di facile popolarità, si ritroverà a girare una piccola scena  in cui compare senza veli. Un particolare di  certo ordinario nel contesto cinematografico ma non così in uno sperduto paese di campagna dove son poche le teste che pensano e tante le lingue pronte a non farsi gli affari propri! La ragazza verrà così contrassegnata e presa un poco in giro, in modo scherzoso, dai suoi compaesani. In breve, il colpo di scena,  scoprirà di essere incinta, il padre sarà per tutti indeterminato: potrebbe essere un avvocato, evidentemente, per ora senza successo, il contadino o l’amante degli animali e non l’unico e vero promesso ” della ragazza. Afferma il regista Franco Tortora della la compagnia teatrale “ O Spassatimpo “ di Tufino: “ abbiamo impostato questa rappresentazione come uno scenario di una realtà tipica dell’entroterra napoletano; tipico di alcuni anni or sono dove prevalevano realtà di una mentalità caratteristica fatta di incertezze e la non conoscenza di alcuni fattori determinanti. Il dramma della ragazza incinta, anche se presentato con ironia e comicità scenica, è un contemporaneo riferimento di solidarietà a tante ragazze madri e alla loro terribile situazione senza un futuro certo”. Afferma Oscar Di Maio, alcuni concetti, alla fine della seconda replica, invitato sul palcoscenico, dopo i complimenti all’intero staff recitativo : “ la commedia è stata portata in scena senza cadere nell’imitazione di celebri personaggi del passato che hanno interpretato quest’opera. È il caso del ruolo della madre che fu di Luisa Conte, qui riproposto in una ottica personalizzata ed innovativa. Non è di certo un dato negativo prendere riferimento da celebri personaggi e del loro alto insegnamento, cercando di, in un certo senso, rubarne il mestiere. Ma una cosa è apprenderne l’insegnamento e l’altra è l’imitazione pura che, inevitabilmente, porta ad una ritorsione contro se stessi, scenicamente parlando”. Dopo ripetuti consensi, in  una realtà scenografica suggestiva, molto curata,  di aperta campagna si chiude il sipario.

Antonio Romano

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