Maxi-operazione per contrastare il lavoro sommerso. I carabinieri della stazione di Sant’Antonio Abate e della compagnia di Castellammare di Stabia, diretti dal capitano Gennaro Cassese e dal tenente Fabio Ibba, sono intervenuti nella cittadina abatese dove hanno sequestrato una sartoria abusiva, arrestando 2 persone e denunciandone 9. In manette sono finiti Miah Bachuo, 30enne bengalese, accusato di favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione irregolare; e Holader Syful Alam, connazionale di 32 anni, destinatario di un decreto di espulsione emesso dal questore di Venezia nel 2007. Altri 9 bengalesi, poi, sono stati denunciati per soggiorno illecito. I carabinieri sono intervenuti dopo una “soffiata” in via Croce Gragnano, periferia di Sant’Antonio Abate. In un sottoscala, in un locale di appena 50 metri quadrati, i militari dell’arma hanno trovato 23 lavoratori, tutti bengalesi, dei quali solo 3 con un regolare contratto e 20 in nero. Il proprietario della sartoria “Fashion Style”, Miah Bachuo, è stato immediatamente tratto in arresto. Il proprietario del locale, invece, è originario di Sant’Antonio Abate e aveva dato la struttura in concessione con un regolare contratto di locazione a un cittadino bengalese. Nella sartoria, però, lavoravano solo cittadini bengalesi, tutti domiciliati tra Sant’Antonio e Santa Maria la Carità, e quasi tutti senza regolare contratto. Dei 23 lavoratori, poi, 10 erano irregolari e 13 in possesso di permesso di soggiorno. Tra i 10 irregolari, c’era anche Holader Syful Alam, il quale è stato arrestato in quanto risultato espulso con decreto di espulsione emesso 4 anni fa. Gli altri 9 connazionali irregolari sono stati denunciati a piede libero. L’operazione è stata condotta in collaborazione con il personale dell’Asl e della Direzione Provinciale del Lavoro. L’Asl ha accertato che il locale, posto in un sottoscala, non era idoneo per essere adibito a luogo di lavoro. In circa 50 metri quadrati, infatti, non era affatto possibile installare 25 macchine per cucire e 4 assi da stiro per 23 lavoratori. I macchinari sono stati posti sotto sequestro, così come il locale che è stato giudicato “in condizioni igieniche pessime”. L’impianto di aerazione e le finestre, infatti, sono risultati assenti, mentre era presente solo un bagno per i 23 lavoratori. Dopo gli interrogatori, è stato possibile accertare che gli operai lavoravano per 15 euro al giorno, meno di 2 euro all’ora. La sartoria lavorava solo su commesse, quindi ora le indagini si concentrano sui fornitori della sartoria.