L’allagamento della cripta dell’Oratorio preoccupa non tanto perché il fenomeno sia nuovo, quanto perché ha esposto a serissimi rischi il preziosissimo materiale paleocristiano esposto per volontà della Curia diocesana nella ex chiesa, parte fino a pochi anni dell’Antiquarium stabiano di via Marco Mario voluto da Libero d’Orsi. Che i sotterranei dell’edificio sacro siano sempre stati soggetti a risalite d’acqua e umidità è cosa più che nota, tant’è che anche chi ha voluto allestire la raccolta museale si è guardato bene dall’utilizzare l’ampia cripta. Ma ora, il rischio al quale sono stati esposti preziosissime testimonianze della ripresa della vita a Stabiae dopo l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. deve far riflettere tutti. Innanzitutto la Soprintendenza archeologica di Napoli-Pompei, cui è affidata la tutela del patrimonio archeologico: quei locali sono davvero adatti per esporre reperti antichi? E se l’allagamento di fosse verificato di sera tardi, cosa sarebbe successo a sarcofagi e vetrine durante la notte? Forse sarebbe il caso di riconsiderare una scelta che fino a oggi si poteva criticare dal punto di vista scientifico (separare i reperti pre 79 d.C. e dopo eruzione compromette la comprensione di Stabiae), oltre che museologico e museografico (non si smembra una collezione come quella dell’Antiquarium stabiano), ma che ora pone anche serissimi problemi di tutela e conservazione di un patrimonio, ne siamo certi, che è caro innanzitutto alla comunità cristiana cittadina e diocesana, prima ancora che al mondo degli archeologi. Ecco perché urge sempre più allestire il museo di Stabiae alla reggia di Quisisana.
Antonio Ferrara
Presidente Comitato Scavi di Stabia