In una precedente intervista lei aveva affermato che l’amministrazione Ambrosio aveva operato male. In quali punti ha sbagliato, o mancato all’attesa degli elettori?
“L’amministrazione Ambrosio è stata completamente omissiva, ed ha portato il paese in uno stato di degrado, mai verificatosi in 100 anni di storia, dall’indipendenza da Ottaviano ad oggi. Un paese in cui si registra una incuria terribile. Il disinteresse generale da parte dell’amministrazione ha pervaso gli animi della gente, costringendola all’allontanamento dalla cosa pubblica e dalla politica, dal vivere civile. Basti pensare alle sedute del consiglio senza pubblico. Questo la dice lunga sia sulle persone che furono chiamate a riempire le liste, e sia sul disinteresse generale della gente alla vita politica. La politica a San Giuseppe non c’era più. C’era solo un “comitato” di pseudo politica che spesso e volentieri trasbordava in meccanismi che poi abbiamo visto essere molto opachi”.
Lei ha sempre sostenuto la tesi che l’amministrazione andava sciolta. C’era qualcuno che doveva agire subito e non l’ha fatto?
“Lo scioglimento parte da un lavoro certosino, portato avanti dagli organi di polizia, dalla Prefettura, dalla commissione d’accesso che si insediò a San Giuseppe, dalle relazioni che furono predisposte, e da tutta una seria di atti che si trasformarono in un provvedimento di scioglimento. Questo e tanto altro rappresentano il modo in cui lo stato ha ritenuto di recidere determinati legami. Ho sempre ritenuto che le sentenze e le decisioni dello Stato vanno sempre rispettate, sia quando vi fu il provvedimento di scioglimento, sia quando sentenziò il Tar che revocava le decisioni prese dagli organi politici e dallo stato. La stessa cosa va fatta per la sentenza del Consiglio di Stato. E’ una cosa pericolosissima sostenere che il CdS abbia emesso una sentenza politicizzata. Qui vi sono degli atti di natura amministrativa che portano a delle collusioni con la criminalità organizzata. Chi sostiene che il CdS abbia emesso una sentenza di natura politica non fa altro che creare le condizioni affinché certi meccanismi associativi prolifichino ancora di più. Chi invece ha determinato questo stato di cose, se è effettivamente una persona perbene, deve lasciare lo spazio ai cittadini che hanno il senso civico della politica. Qui non è stata declamata la mafiosità di San Giuseppe Vesuviano, qui è stata declamata la mafiosità di alcuni atti di natura amministrativa che difettano del criterio della trasparenza”.
Il PdL di San Giuseppe Vesuviano,risulta essere una realtà forte e presente sul territorio.
“Il segreto è la militanza, come in ogni partito che si rispetti. Il segreto è nello stare insieme, rispettarsi, nel creare un gruppo che non ha paura, non ha timore. Il segreto è portare all’interno del partito, persone che abbiano come valore fondante la legalità, che non abbiano paura di affrontare battaglie, di dare battaglia ad un’amministrazione che sapevamo essere governata da gente che non ritenevamo all’altezza del nostro paese. I fatti purtroppo ci hanno dato ragione. Il PdL è un partito propositivo, che guarda già avanti. Siamo pronti per le prossime competizioni elettorali per il rinnovo dell’amministrazione. Ci prepariamo a quella scadenza elettorale con un programma che stiamo elaborando insieme alla società civile e ad alte personalità del territorio sangiuseppese”.
Su quali prerogative principali si baserà il programma del possibile candidato a sindaco del PdL?
“Le prerogative di un programma valido presuppongono un dato fondamentale: la governabilità. Vincere per poi non governare non serve a nulla. Potremmo avere il miglior programma, il miglior progetto politico, ma se poi non ci sono i presupposti per vederlo realizzato, rimane carta straccia. Il segreto di un programma è quello di realizzare pochi punti essenziali, elevare soprattutto la qualità della vita dei sangiuseppesi che è in uno stato comatoso, e consentire che queste poche idee vengano realizzate. Rilancio della raccolta differenziata, approvazione immediata del Puc, revisione dell’edilizia scolastica, rilancio delle attività imprenditoriali, un piano di sviluppo commerciale, individuazione di luoghi da adibire a zona industriale, una villa comunale, spazi per giovani ed anziani, elevare la qualità della vita. Ciò che dovrà fare il prossimo sindaco, è essenzialmente creare le condizioni affinché rinasca un percorso culturale, constatando l’assenza totale a San Giuseppe dell’associazionismo e di circoli culturali e sociali”.
Cosa manca a questa città?
“Manca anzitutto una classe dirigente, che sia onesta, seria, determinata e che non abbia paura di prendere decisioni. In politica fa più danno chi non prende decisioni, che chi le prende male”.
L’abusivismo rappresenta una piaga molto dolente. Dal 2000 al 2008 infatti, sono stati riscontrati 1154 abusi sul solo territorio di San Giuseppe, costituendo un vero record regionale. Secondo lei quali misure il prossimo sindaco dovrà porre per rimediare a questo disastro?
“Io ho lottato affinché il mio paese non fosse strozzato dal cemento. Chi costruisce abusivamente lo fa anche perché non ha lo strumento urbanistico che gli indica le zone edificabili o meno. La prima misura quindi che il prossimo sindaco dovrà porre in essere è il Puc ed iniziare ad imporre le regole”.
Non crede che l’assenza di un amministrazione democraticamente eletta rappresenti in fondo una sconfitta per tutta la classe politica e non solo di chi ha governato finora?
“La sconfitta è soprattutto di chi ha avuto l’onore e l’onere di governare. Chi amministra dovrebbe essere pieno di orgoglio, perché prescelto dalla maggioranza della cittadinanza a rappresentare e a difendere gli interessi della città. Noi all’opposizione abbiamo denunciato in tutte le sedi determinati atteggiamenti tenuti dalla passata amministrazione,ed atti amministrativi poco chiari e convincenti. La sconfitta tocca tutto il paese,ma non la classe dirigente che si è tenuta lontana e si è opposta al modus operandi della maggioranza”.
Si candiderà a sindaco di San Giuseppe Vesuviano?
“Non lo so,vedremo. Se gli amici vogliono, se il partito vuole, se effettivamente c’è un progetto. Non credo che un progetto politico sia solo ed esclusivamente sulla candidatura. Si fa politica in tanti modi, ma l’importante è credere in quello che si fa. Noi crediamo in quello che facciamo. Ci crediamo, ci abbiamo sempre creduto e ci crederemo sempre”.
Pasquale Annunziata