Una norma salutata dal Governo come “salva Pompei”, è stata prima annunciata, poi introdotta nel milleproroghe, ma eliminata prima dell’approvazione del decreto da parte del Governo. Un mese dopo è stata reintrodotta con un emendamento dal titolo “Misure urgenti di potenziamento delle funzioni di tutela nell’area archeologica di Pompei” e, quindi, in silenzio, “sparita” definitivamente, perché bocciata in una seduta congiunta della commissione affari costituzionali e bilancio, prima dell’approvazione del testo al Senato.
Cose allucinanti, ma tragicamente vere, scoperte recentemente dall’Osservatorio Patrimonio Culturale che ha passato al setaccio tutte le innumerevoli norme del “cocktail legislativo” del milleproroghe e ricostruito l’intero iter, grottesco e vergognoso.
”Oggi e’ una grande giornata per Pompei – dichiarò trionfante il sottosegretario ai beni culturali, Francesco Giro il 25 gennaio scorso – A Palazzo Madama è stato presentato un emendamento al decreto Milleproroghe dal senatore Lucio Malan, che prevede tra l’altro l’assunzione di archeologi in deroga al blocco dei turnover e affida alla soprintendenza di Napoli e Pompei poteri più precisi e più forti sulla manutenzione del sito”.
Alcuni giorni dopo l’approvazione al Senato, quando fu resa pubblica dalla stampa la sparizione della norma per Pompei, il senatore Malan dichiarò all’agenzia adnkronos: “Se avessimo saputo della bocciatura avremmo evitato di presentarlo”. Bravo e se non lo sapeva il Governo che la sua maggioranza lo avrebbe bocciato, chi avrebbe dovuto saperlo? Bohhh
“Quella che sembrava una emergenza nazionale si è invece rivelata una ennesima boutade” ha tuonato la Uil Beni Culturali, che ha aggiunto: “Questo significa che ancora non esiste un piano per Pompei. Il governo doveva imporsi anche se in realtà, su Pompei si poteva intervenire direttamente e senza aggiunta di costi”.
Mentre l’Osservatorio Patrimonio Culturale: “E’ questo l’ultimo atto gravissimo che si compie ai danni dell’area archeologica pompeiana per la quale, al mancato avvio di opere di manutenzione e restauro, corrisponde la perdita definitiva di preziose parti di un fragilissimo patrimonio culturale della nazione e dell’intera umanità” ed ancora, “La vicenda dell’emendamento al milleproroghe è emblematica della improvvisazione gestionale che interessa, ormai da molto tempo, gli scavi archeologici pompeiani”.
Sempre Giro (è assente ingiustificato il Ministro Bondi che sembra non passare da molto tempo per la sede del suo Ministero) ha però tranquillizzato tutti (a modo suo) con una dichiarazione alla stampa: “Pur essendo l’emendamento su Pompei di fondamentale importanza per il sito, l’esecutivo ha deciso di ritirarlo per non stravolgere (ma è tutto stravolto e lo ha detto anche il Capo dello Stato ndr), come e’ accaduto in passato, la natura del decreto che a causa del suo profilo normativo, non si addiceva al milleproroghe che, come si evince dal nome, dovrebbe contenere solo proroghe”.
Bella scoperta, ma non poteva essere fatta prima per evitare di perdere preziosi mesi di tempo?
Comunque, il sottosegretario ha continuato con sconfortante approssimazione, “abbiamo intenzione di riproporlo tra uno o due mesi (esattamente quando? ndr) attraverso un altro provvedimento (!!??), che potrebbe essere anche un decreto legge (oppure? ndr)”.
Bene, ora non abbiamo più dubbi sulla confusione che regna sul futuro degli scavi di Pompei destinati a soccombere sotto i colpi mortali dell’incuria, della mancanza di manutenzione e di chiari indirizzi e procedure di gestione.
Intanto, finalmente un altro ministro, Raffaele Fitto, si accorge che il rilancio per gli scavi di Pompei passa anche attraverso i fondi del Programma operativo interregionale e lo annuncia in una dichiarazione insieme al presidente della Giunta regionale della Campania, Stefano Caldoro. “I Poin, spiega Fitto, si possono utilizzare per gli attrattori turistici e il sito archeologico vi rientra di diritto essendo il più visitato al mondo”.
Almeno Fitto e Caldoro questo lo sanno, ma quale concretezza daranno alla propria azione? Vediamo: “Nei prossimi 10 anni – dice Caldoro – sono previsti 30 milioni di visitatori e tenendo presente che la competenza sul sito archeologico è del governo nazionale, la Regione contribuirà alla valorizzazione”. Questo intervento, secondo molteplici annunci diffusi nelle ultime settimane, dovrebbe aggiungersi alle azioni e ai capitali dei privati, di cui, però, non si sa nulla di concreto. Anche se Caldoro conferma che “c’è l’interesse di diversi soggetti, pronti a finanziare opere specifiche, in un modello che deve essere più privato che pubblico”.
Ma che significa? Lo vedremo, eventualmente, se dalle tante parole (le stesse, non dimentichiamolo, che si ripetono da molto tempo, con frequenza periodica) si passerà a progetti seri di conservazione prima e di valorizzazione poi.
Intanto, è bene ricordarlo che non c’è più tempo da perdere per salvare Pompei.
Dall’ultimo clamoroso crollo della “Schola Armaturarum”, sono passati troppi mesi senza che la situazione di degrado mutasse di una virgola.
Occorre smetterla di continuare con squallide prese in giro del monumento che hanno caratterizzato soprattutto il periodo della gestione commissariale, molto criticato dalla stampa di tutto il mondo, dichiarato illegittimo dalla Corte dei Conti ed ora sotto la lente di diverse indagini della Procura della Repubblica.
Antonio Irlando