I sacrifici, la difficoltà di trovare un lavoro che metta a frutto i propri studi e la paura dei cambiamenti sono i temi fondanti del libro che, alla fine, si tramutando in un messaggio di speranza per il futuro.
A molte persone capita di voler trasformare la propria esperienza di vita in un libro, non tutti però riescono a scriverlo e a condividerlo con il pubblico. Qual’è il motivo principale per il quale ha deciso di pubblicare questo romanzo autobiografico?
Penso che la mia sia stata un’esperienza interessante che valeva la pena raccontare, e credo che ad un certo punto della tua vita se non scrivi le cose che ti sono accadute queste sbiadiscono, vanno a finire nel dimenticatoio. E poi volevo regalare ai miei figli e alle nuove generazioni una serie di insegnamenti e di esperienze, positive e negative, che ho vissuto.
Il libro è ambientato negli anni ’90, tutta via grazie al fenomeno dell’immigrazione lavorativa sembra una storia più che attuale…
Sicuramente è molto attuale e, vedendo la situazione del nostro Paese, penso che il fenomeno sarà sempre più presente nella nostra società. Il momento non è dei migliori, spesso per avere un po di speranza bisogna andare via e questa non è un’ottima cosa.
Il libro è scritto con uno stile molto semplice e accessibile a tutti. E’ stata una semplicità voluta?
Assolutamente si. E’ la mia indole naturale e mi contraddistingue sin dai miei primi lavori artistici. I miei linguaggi comunicativi sono semplici.
Nella stesura di questo romanzo ha seguito delle regole precise o è nato tutto dal suo istinto?Il tutto è avvenuto in maniera molto spontanea e istintiva. Io ho cominciato scrivendo poesie e facendo il giornalista e sono sempre stato spinto dal puro piacere personale. Scrivo per condividere ciò che di bello mi capita e anche per far si che se mi accade qualcosa di spiacevole non succeda a qualcun altro. In determinati momenti scrivo anche per rabbia, ad esempio per il mio prossimo libro ho scritto una serie di lettere di protesta contro i vari gestori del potere per cercare di dare voce alle contrarietà e alle ingiustizie della nostra società. In questi casi l’uso della lettera è curativo perché a differenza della lingua parlata è uno strumento più riflessivo, e questo serve a te per affrontare la situazione in maniera diversa.
Quindi lei è già a lavoro per un seguito de ‘’Il Dottor Pendolare’’?
Si, il prossimo libro racconterà del ritorno definitivo a Napoli di Vincenzo e delle differenze, soprattutto lavorative, che riscontra tra la città d’origine e il nord.
Lei è un dottore e anche un artista, due cose che sembrano molto lontane tra loro…
Esistono tanti medici che sono artisti nel loro privato. Esistono molte associazioni di medici e di sanitari che dipingono, che scrivono. Penso che per un medico l’arte sia una sorta di liberazione, ti rende libero e non ti costringe a dover seguire rigidi protocolli che le professioni ci impongono.
Michele Romano