Domenica 27 febbraio, un nutrito gruppo di studenti si è catapultato in piazza Vittorio Emanuele III mettendo in scena una farsa contestatrice, nel gergo, un “flash mob” fenomeno importato che sta avendo anche nel nostro paese un discreto successo. Sotto lo sguardo stupito dei passati, ma soprattutto sotto l’occhio vigile del Palazzo Municipale, lì ubicato, gli studenti del Liceo Scientifico-Classico E. Torricelli, coordinati dal Comitato Studentesco del proprio Istituto e dall’Unione degli Studenti di Somma Vesuviana, si sono stesi sul suo della Piazza in segna di protesta, simulando una momentanea ma penetrante morte. Il tema della protesta, la triste e pericolosa condizione degli edifici scolastici, per questo i corpi stesi al suolo, esanime a causa delle strutture fatiscenti. A confermare il motivo del gesto, alcuni cartelli riportavano le scritte “La mia scuola cade a pezzi: morti sotto le macerie”, “Classi troppo piccole: morti per asfissia”, “Lo sport che uccide: morti in palestra”, “Termosifoni spenti: morti di freddo”, proprio come chiarimento di ciò che stava accadendo. Una forma di protesta particolare, che ha stimolato la curiosità di molti, ma, al contempo, ha messo la cosiddetta pulce nell’orecchio ad altri. “Il problema dell’edilizia scolastica è un importantissimo tema che spesso passa in secondo piano” dichiarano i giovani protagonisti della protesta ” strettamente collegato al diritto allo studio”. Ricordiamo, comunque, che la forma di protesta degli studenti sommesi non è stata del tutto campata in aria, nel senso che, tutto sommato, le strutture pubbliche del nostro meridione d’Italia si presentano spesso in condizioni pessime che, nella maggior parte dei casi, impediscono il sereno svolgersi delle attività lavorative o l’erogazione dei servizi in essi possibili. “Questa mattina siamo qui per far passare questo importante messaggio” continuano i ragazzi “Siamo qui di domenica anche per dimostrare che il nostro non è il capriccio di chi non vuole andare a scuola e approfitta dell’occupazione per far festa, ma un problema serio”.
Giuseppe Annunziata