«Qui in Campania serve una buona politica perché è evidente che c’è stata una grandissima operazione clientelare a generare tutte le diseconomie che conosciamo». Il governatore Stefano Caldoro interviene nuovamente sulla questione dei rifiuti e detta le priorità: una nuova politica responsabile e nuovi impianti per riportare alla normalità una situazione divenuta oramai insostenibile. Niente più «miracoli», ma un progetto a lungo termine: «Per rimediare agli sciagurati errori fatti negli ultimi 20 anni abbiamo bisogno di almeno altri tre anni, il tempo necessario a costruire tutta l’impiantistica che ha il resto del Paese, al Nord e al Sud». Da venti giorni Napoli è pulita ma Caldoro non si fida: «La situazione resta ancora critica». «Quando funzionano tutti gli impianti – osserva il governatore – riusciamo a gestire la situazione, ma il rischio è sempre dietro l’angolo perché a differenza delle altre regioni non abbiamo l’impiantistica che ci consentirebbe di affrontare una crisi». «Bisogna costruire impianti – prosegue Caldoro – in grado di trattare rifiuti, che generano un’economia mentre da noi hanno generato spreco: il costo dell’emergenza in Campania si aggira intorno ai 2 miliardi di risorse sprecate». Tra i primi impianti da costruire vi sono senza dubbio quelli di compostaggio, di fondamentale importanza per il decollo della differenziata. Li aveva chiesti a gran voce un mese fa l’amministratore delegato di Asia, Daniele Fortini, scrivendo all’assessore all’Ambiente Giovanni Romano. Al momento tutti i comuni della Regione che hanno attivato la differenziata (tra cui anche Napoli) sono costretti a portare l’organico fuori regione, con un ulteriore aggravio di costi per le finanze pubbliche. Mentre preoccupa la situazione di Scampia, dove la raccolta differenziata sarebbe dovuta partire da marzo ed è ancora al palo. Caldoro infine ricorda come, oltre alla nuova impiantistica, ci sia bisogno «di piccoli invasi, diversi dalle tradizionali discariche dove si buttava tutto, dove si può portare il rifiuto trattato: in Campania ce ne sono soltanto tre, in Emilia Romagna 21». Insomma, tanta strada fare ancora.
Antonio Averaimo