Unimpresa propone l’“Agenda del fare” per l’Italia. Tra le priorità, l’abolizione dell’Irap

Istituire una “Agenda del fare”, per contrastare con una azione concreta ed unitaria – da parte di governo, imprese e cittadini – l’immobilismo istituzionale ed economico del Paese. E’ la proposta del presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, lanciata stamane nel corso del seminario dal titolo “Soffocati dall’economica illegale”, ospitato presso la sala convegni della Camera di Commercio di Napoli. Moderati da Massimo Calenda, giornalista Rai, si sono avvicendati al tavolo dei relatori Maurizio Maddaloni, presidente dell’ente camerale partenopeo, Gennaro Matino, vicario del cardinale Crescenzio Sepe,  Andrea De Martino, prefetto di Napoli, Alberto Cisterna, procuratore aggiunto della Direzione Nazionale Antimafia, Gaspare Sturzo, consigliere giuridico presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, Giovanni Mainolfi, dell’Iasd, l’Istituto Alti Studi per la Difesa, Luciano Schifone, presidente del Tavolo del Partenariato Economico e Sociale della Regione Campania e Sergio Maria Battaglia, dell’Università Roma Tre. “Confidiamo in una migliore gestione della cosa pubblica – ha spiegato Longobardi – Attendiamo l’istituzione di un osservatorio permanente sulla fiscalità e una moratoria sulle imposte. Chiediamo inoltre che in questa “Agenda del fare” diventino priorità l’eliminazione dell’Irap, che pesa sull’occupazione e sulle imprese, l’introduzione di una tassa unica sul mattone, una ristrutturazione del sistema di supporto all’internalizzazione”. A condividere la proposta di abolizione dell’Irap, Luciano Schifone. “E’ una tassa perversa che distorce i meccanismi del mercato – ha dichiarato – e che va sostituita con una imposizione piú corretta”. D’accordo anche Maurizio Maddaloni – ai vertici del primo ente camerale italiano a stipulare un protocollo di intesa di legalità sugli appalti – che invita a valutarne “gli eventuali effetti collegati sul sistema economico generale”. Associazione di rappresentanza di circa 130mila tra micro, piccole e medie imprese, Unimpresa è inoltre impegnata, in collaborazione con le forze dell’ordine e con le autorità giudiziarie, in iniziative tese a combattere forme di criminalità come usura, racket e riciclaggio. “Un immane sforzo – ha aggiunto Longobardi – che ci ha visto vicini ai troppi imprenditori lasciati soli da politici, istituzioni  e banche, sordi al grido di disperazione lanciato proprio da quei settori da sempre più produttivi e un tempo vitali del nostro Paese. La mia preoccupazione è che a nessuno interessi veramente intervenire per risollevare il mondo delle imprese. E così rischiamo di andare incontro ad un suicidio sociale”. Ad aggravare un quadro già problematico, l’illegalità diffusa. Per il magistrato Gaspare Sturzo, è possibile oggi parlare in Italia di una “Legalità mista, dove l’inefficienza e inefficacia dello Stato centrale e delle sue istituzioni locali è sussidiata dalle strutture criminali, siano esse quelle dei colletti bianchi, della zona grigia, della finanza opaca o delle famiglie mafiose”. Una presenza, quella criminale, che si distingue per la straordinaria competenza nell’intrecciare rapporti con i centri decisionali della politica, delle amministrazioni pubbliche o dell’imprenditoria legale. “La crisi economica ha certamente favorito le mafie – ha spiegato Alberto Cisterna, da sempre in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata – Sono loro ad avere la disponibilità di capitali per investire. Ma a differenza di altre organizzazioni criminali, non sono orientate esclusivamente verso la percezione di profitti illegali, ma ambiscono alla sottomissione delle aggregazioni sociali di riferimento. Alla clientele della borghesia politica meridionale, le mafie hanno risposto con i clan, con le famiglie, hanno assimilato il metodo dell’occupazione del potere e lo hanno replicato con estrema efficacia e durezza”. A contrastare l’illegalità, la risposta dello Stato. “Che continua, incessante e quotidiana – sottolinea Andrea De Martino – con confische e sequestri, in un susseguirsi di azioni delle forze dell’ordine e della magistratura. Ma anche le imprese devono fare la loro parte, investendo in sicurezza”. Ma anche le stesse norme non sembrano agevolare la vita alle pmi. “Una prova è la legge 136/2010, recante disposizioni in tema di antimafia – è intervenuto Sergio Maria Battaglia, nel curriculum una intensa esperienza all’Abi, l’Associazione banche italiane – La sua tormentata vicenda non ha ancora risolto delicati problemi applicativi, che rendono di fatto difficilmente realizzabile l’obiettivo che si intendeva perseguire e che rischiano di ingessare l’operatività delle imprese, in un periodo di infinita crisi economica”. Un segnale di speranza per il riscatto del Mezzogiorno, nell’intervento di Giovanni Mainolfi, per lungo tempo ai vertici della Guardia di Finanza. “La laboriosità, l’inventiva, la voglia di riscatto dei giovani ci deve far ben sperare per il futuro, anche se talvolta qualche attore ha mal interpretato la sua parte. Se è vero che oggi Napoli, la Campania e il Sud sono soffocate dalla criminalità, non bisogna smettere di lottare. Occorre uno sforzo collettivo della società civile, delle istituzioni e soprattutto della politica, affinché la legalità si diffonda in modo che la sicurezza che ne deriverà crei un humus virtuoso grazie al quale è possibile almeno sperare in un riscatto”. Obiettivo possibile, per Gennaro Matino, solo attraverso la partecipazione di tutti e una “ristrutturazione del territorio,  che vinca sia la criminalità, sia quella mentalità omertosa di chi pensa di voltarsi dall’altra parte e risolvere cosí i problemi”.

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