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Castellammare, l’allarme dei giovani di Sel: “Troppi ragazzi stabiesi si arruolano con la camorra”

Il mese scorso le forze dell’ordine hanno ottenuto un altro ottimo risultato in termini di lotta alla criminalità organizzata, arrestando ben dodici persone, affiliate al clan D’Alessandro. La notizia è stata accolta con entusiasmo dalla Castellammare perbene, che ha visto in questa operazione un significativo passo in avanti in quel percorso di verità che deve rappresentare il riscatto di una città che per troppi anni, e talvolta in maniera brutale, ha subito la presenza parassitica e prevaricatrice della Camorra.

Ma la gioia si trasforma presto in rammarico se con occhio attento analizziamo le cifre di questi arresti: escludendo Belviso Senior e il reggente Beniamino Pasqua, la camorra di questa città è sorprendentemente giovane, formata da ragazzi la cui età va dai 20 ai 30 anni.

Sono queste le cifre della criminalità stabiese, che hanno fatto rabbrividire una città intera dinanzi all’omicidio di Gino Tommasino, e che ci hanno portato in questi ultimi due anni ad avere cosi tanta sete di verità da non far quasi caso a questi numeri.

Eppure sono cifre che nella drammaticità della fase storica che stiamo vivendo, e cioè una crisi lavoro senza precedenti, dovrebbero imporre alla politica e alle istituzioni la necessità di intraprendere una riflessione vera sul futuro delle giovani generazioni di una città del profondo sud come Castellammare dove chi è sfortunato può scegliere soltanto due strade: arruolarsi nell’esercito o affiliarsi al clan.

Inutile girarci intorno, la politica deve ricercare le soluzioni e dare il buon esempio, soprattutto quando si ha la responsabilità di governare. Le parole d’ordine devono essere lavoro, meritocrazia (quella vera, non quella che porta ad assumere alle Terme l’amico o l’amico dell’amico che forse faceva anche l’autista del politichetto buffone di turno) scuola, università e ricerca. È finito il tempo delle buffonate, delle ordinanze volte a distogliere l’attenzione della città, delle minacce, delle mezze parole, dei provvedimenti che hanno come unico scopo quello di pagare qualche cambiale elettorale.

Bisogna ritornare a parlare delle periferie non descrivendole semplicemente come luogo dell’abbandono, ma mettendo in campo proposte. Bisogna ripartire da lì, perché è lì che la camorra fa proselitismo, è lì che le paure e le speranze dei giovani vengono sfruttate e modellate in quella fabbrica di illegalità chiamata clan D’Alessandro. Bisogna rinnovare la politica, permettere un ricambio generazionale necessario ai partiti se si vuol tornare ad avere la fiducia dei cittadini. Dobbiamo invertire la tendenza, deve essere la politica a comprendere che la più grande risorsa sono i giovani, non dovremmo permettere alla camorra di darci lezioni su questo.

Per fare tutto questo è necessario fissare un principio inderogabile, che si chiama QUESTIONE MORALE: chiunque ricopra cariche pubbliche e sia sfiorato soltanto dal dubbio di essere in combutta con la criminalità organizzata deve necessariamente fare un passo indietro e rassegnare le sue dimissioni.

Il 25 marzo, in occasione dello sciopero generale indetto da tutti i sindacati, deve essere l’occasione in cui la città intera deve avere piena contezza della emergenza che sta vivendo. In quella giornata si deve scendere in piazza non soltanto animati dalla voglia di difendere il proprio posto di lavoro, ma con la determinazione di chi ha compreso che in gioco c’è una partita più grande che si chiama futuro.

Giovani di Sinistra Ecologia Libertà

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