Ma siamo davvero sicuri che siano famosi nel verso giusto? Mi spiego, siamo sicuri che gli italiani abbiamo veramente presente cosa stiamo commemorando? Qualche profondo dubbio resta, ma che importa, parola d’ordine resta festeggiare. E allora, Viva l’Italia. E giù manifesti, convegni, feste e fuochi d’artificio. Il tutto rigorosamente a nostre spese, ma da bravi italiani o meglio, “italioti”, cosa ci importa, restiamo pur sempre quelli del bel vivere, della buona tavola, della musica e del godersi la vita.
E la storia, la nostra storia, proprio quella che stiamo festeggiando? I patrioti, i martiri, il tricolore, i Borbone e i Savoia e ancora i tanti, da una parte e dall’altra, che poi divennero eroi o briganti? E dell’Unità? Come avvenne, dove e da chi fu voluta?
Troppi interrogativi, poco interessa rispondere. L’importante è essere un’unica nazione unita soprattutto quando scendono in campo le undici maglie azzurre. Che poi sia veramente unita questa Italia poco importa. Quando ci ricapita un’occasione così ghiotta per fare festa, innalzare i tricolori e partecipare alle tante passerelle organizzate in ogni comune d’Italia.
Qualche giorno fa il ministro Tremonti, ospite di uno dei tanti talk televisivi confermava i nostri dubbi relativi all’effettiva unità dello stivale. “Il Nord Italia è la regione più ricca d’Europa, e quindi del mondo” affermava l’esponente di centrodestra, mentre confermava che il mezzogiorno è effettivamente troppo indietro. Il ragionamento si concludeva con una verità che mi sento di sottoscrivere pienamente: bisognerà lavorare per limare l’oggettivo handicap che frena il Sud della penisola, solo migliorando la situazione in cui versa ancora quella parte del nostro Paese, si potrà raggiungere una vera Unità. Speriamo che non ci vogliano altri 150 anni.
Gennaro Cirillo