La caduta di Arpinati non è stata così improvvisa come può sembra-re di primo acchito; l’inizio della parabola discendente del gerarca emi-liano, infatti, risale quasi a due anni prima ed ha per protagonista Achille Starace, il vicesegretario del PNF.
Ebbene, il 15 novembre 1931, Starace si presenta in compagnia di alcuni amici al cancello dello stadio romano sul cui terreno si sarebbe disputata una partita tra l’Italia e la Cecoslovacchia.
Arpinati aveva precedentemente impartito severissime disposizioni circa le entrate di favore ma Starace è convinto che, per lui, si sarebbe fatta sicuramente un’eccezione. L’addetto ai cancelli, invece, ligio alle istruzioni ricevute, lo respinge ed il fatto si aggrava quando Arpinati in persona invita Starace ad accomodarsi al botteghino. L’ira di Achille non scoppia subito perché, in quel periodo, egli ha bisogno dell’appoggio di Arpinati, che è anche sottosegretario all’Interno e gode di notevole influenza al Viminale; preferisce intrigare presso Mussolini, insinuando che il suo avversario sparla della famiglia del Duce.Venuto a conoscenza di questi pettegolezzi per bocca dello stesso Mussolini, Arpinati invia a Starace il seguente messaggio: «Se avessi avuto ancora una volta bisogno di un esempio di quella che è la bassezza umana, questo esempio me lo hai dato tu. Sei un vile ed un mentitore».
Il che equivale ad una vera e propria sfida a duello.
Starace respinge l’invito a battersi e porta il messaggio a Mussolini che decide che «avrebbe fatto ritirare lui il fatale biglietto».
La risposta del ras bolognese è che avrebbe staccato ogni giorno un foglio dal calendario e vi avrebbe scritto le stesse frasi finché Starace non fosse sceso in campo.Mussolini, fuori di sé, minaccia: «Non ammetto che mi si disobbedisca! O ritira la sfida o se ne va».
Arpinati, però, non si tira indietro e rassegna le dimissioni da tutte le cariche e, dopo poche settimane, viene inviato al confino.
Francesco Rosario Lepre