E tra un missile ed un bombardamento, tra un bersaglio centrato ed un civile ammazzato, siamo giunti a Pasqua.Da diversi giorni quella che è una vera e propria guerra, che ci vede pienamente coinvolti, non occupa più le prime pagine di giornali e telegiornali. Stiamo lentamente dimenticando; vogliamo rapidamente passare oltre.Mai come in questi momenti la festa primaverile appare un puro esercizio di ipocrisia. A scuola i giovani italiani hanno quasi finito di mandare a memoria versi conditi di pace, amore, rinascita e vita. In giro c’è fermento. Vetrine imbandite, uova di cioccolato e sorprese, ma anche processioni, funzioni e preghiere. “Un pensiero per chi soffre”, ma senza soffrire più di tanto, è primavera. Ed anche se c’è qualcosa che non va, qualcosa che stride, che suona stonato, facciamo finta che nulla stia succedendo.Eppure, ad un tiro di schioppo (mai modo di dire è stato più appropriato) dalla nostra centocinquantenaria, civile nazione, si combatte, si muore, si scappa. Ma per loro non è Pasqua, e allora non vale. Cosa ben più grave è che a noi la Pasqua di questo 2011 mostra, in tutto il suo splendore, la vera anima commerciale, finta e buonista… che, nelle nostre civiltà “occidentali”, un po’ tutte le festività hanno acquisito. La Pasqua sarà passata inutilmente e noi tutti saremo convinti di essere stati buoni.C’era bisogno di solidarietà, ma anche per questa disciplina abbiamo avuto un maestro pessimo nell’Europa, che non la riconosce a chi fugge dalla povertà e dalla guerra.
Gennaro Cirillo