Clan Sarno: estorsioni ai proprietari di un parcheggio, in manette 4 persone

A chiusura delle indagini coordinate dal Procuratore Giovandomenico Lepore della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, gli agenti della Squadra Mobile partenopea hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Napoli il 5 aprile nei confronti di affiliati al clan Sarno ed operanti nella zona del Rione Luzzatti. In particolare sono stati arrestati: Vincenzo Casella, 37 anni, detto “Vincenzo a’scignitella “; Antonio Casella, 33 anni, detto “Marcantonio”, già sorvegliato speciale; Emanuele Casella, 28 anni, detto “a’ Ranocchia”, già sorvegliato speciale; e Giuseppe Casella, 41 anni, detto “o’ Nirone”, già detenuto dal 7 dicembre 2006 presso la casa circondariale dì Viterbo in seguito a fermo operato dai carabinieri di Poggioreale per estorsione aggravata e reati concernenti le armi; denunciato a piede libero anche Luigi Casella, 37 anni, detto “Giò Giò “, oggi collaboratore di giustizia. Tutti quanti rispondono dei reati di cui agli art. 416 bis c.p., poiché affiliati al clan Sarno controllando per conto della cosca l’attività estorsiva nella zona del Rione Luzzatti. Difatti essi rispondono in concorso tra loro di diverse estorsioni in danno di Vincenzo ed Alfredo Russo, titolari della società che gestisce il parcheggio adiacente al mercato “Caramanico” di Poggioreale, costringendoli a pagare una somma di danaro tra i 1000 ed i 2000 euro mensili, proprio quali referenti del clan camorristico Sarno fino al 28 dicembre 2009, data in cui il Alfredo Russo ha denunciato l’esistenza dì un’attività estorsiva nei suoi confronti da parte di Domenico Casella e del fratello Emanuele. Le indagini, fondate sulle attività tecniche, hanno accertato il coinvolgimento dei fratelli Emanuele e Domenico Casella nella vicenda estorsiva, come originariamente denunciata, e consentivano di appurare che si era in presenza di una tipica condotta di stampo camorristico atteso che anche gli altri due fratelli Casella, ossia l’allora detenuto Antonio “marcantonio” e Vincenzo “scignetella”, erano partecipi ad un’attività di estorsione esercitata in maniera consentivano nei confronti della famiglia Russo da quando, quest’ultima, esercitava la sua attività nel rione Luzzatti. Inoltre, come riferito da diversi collaboratori di giustizia, i Casella erano affiliati alla compagine camorristica dell’originario cartello Misso-Mazzaraella-Sarno e, per loro conto, operavano proprio nella zona del Rione Luzzatti. Difatti la persona offesa si motivava a denunciare solo il 7 agosto 2009, un’attività estorsiva che si consumava da tempo, perché Emanuele Casella operava nei suoi confronti una vera e propria aggressione fisica, minacciando poi di morte lo stesso Alfredo Russo ed altri membri della sua famiglia quali il padre, la moglie ed addirittura i figli. La paura di ulteriori conseguenze, motivata non dal rifiuto di pagare ma da quello di anticipare la somma di 500 euro rispetto a quella di 2500 euro mensili che, infatti, al giorno 7 di ogni mese Russo pagava ai Casella. Importante apporto alla indagine tecnica hanno fornito le dichiarazioni dei collaboratori che hanno militato nei clan del cartello Misso-Mazzarella-Sarno, con ruolo egemoni di capi o di soggetti immediatamente vicini ai capi del clan, in particolare ciò vale per i Sarno e per gli affiliati al clan.

 

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