Sindrome di Down, il Cnr di Napoli realizza una mappa genetica per chiarirne l’origine

Nel il 1866 il medico britannico John Langdon Down delineò, per la prima volta, i segni evidenti di una patologia che da allora divenne nota al mondo come “sindrome di Down”. Il medico J. L. Down, ignorando le cause scatenanti della sindrome, si limitò a descrive gli effetti esteriori osservati e definì la patologia “mongoloidismo” perché i pazienti presentavano viso ampio e pieghe cutanee attorno agli occhi, caratteri che ricordano i tratti somatici delle popolazioni asiatiche di etnia mongola. Down riferì anche che i pazienti presentavano: lingua grossa, difficoltà linguistiche e durata della vita più breve, e segnalò, inoltre, la presenza di una personalità variabile e poco prevedibile dei pazienti, e segnalò che i progressi che si ottenevano sul piano dell’apprendimento potevano essere facilmente perduti. Successivamente, nel 1959, il pediatra francese Jerome Lejeune scoprì che la sindrome di Down è causata da un’anomalia nel cromosoma 21 che, invece di presentarsi nella normale doppia copia, è espresso in una tripletta di cromosomi da qui la definizione di “trisomia 21” come sinonimo della sindrome stessa.

Oggi, a quasi 150 anni dalla prima descrizione fatta da Down, un gruppo di ricerca italiano, con un lavoro innovativo, contribuisce alla comprensione della sindrome. Lo studio, intitolato “Massive-scale RNA-Seq analysis of non ribosomal transcriptome in human trisomy 21”, pubblicato sulla rivista scientifica PLos ONE, è stato coordinato da  Alfredo Ciccodicola e condotto da Valerio Costa, ricercatori dell’Igb-Cnr di Napoli. La ricerca – spiegano i due scienziati – grazie all’impiego di una tecnologia e di un protocollo innovativi,  messi appunto dall’Istituto di genetica e biofisica  “Adriano Buzzati Traverso” (Igb) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), ha ottenuto un profilo completo dei geni alterati nei pazienti con sindrome di Down, scoprendo  che è l’interazione dei geni presenti sul cromosoma 21 con altri geni a determinarne le alterazioni patologiche.

I pazienti affetti da sindrome di Down, come è noto, presentano un cromosoma 21 in triplice copia rispetto alle due copie degli individui normali. Da anni gli studiosi lavorano però per comprendere quali sono i geni responsabili delle manifestazioni cliniche della sindrome e per migliorare le condizioni e l’aspettativa di vita nei pazienti. “Costruire una ‘mappa’ accurata dei geni alterati degli individui malati è il primo passo verso la cura”, spiega Ciccodicola. “Avere la possibilità di studiarne la sequenza può fornire una più accurata rappresentazione, ad alta definizione, di come la patologia nasce ed evolve”. Questo è ora possibile grazie al ‘sequenziamento di nuova generazione’ realizzato con l’innovativa tecnologia che consente di ottenere in tempi molto brevi un quadro più completo e dettagliato delle malattie genetiche. “Grazie a questa innovativa tecnologia siamo riusciti a comprendere che non solo i geni presenti sul cromosoma 21 sono responsabili della malattia”, spiega Valerio Costa, primo autore dello studio, “ma è la loro interazione con altri geni a determinare le alterazioni patologiche della sindrome”.

La mappa d’espressione ad alta risoluzione ottenuta dai ricercatori napoletani, oltre a chiarire alcuni aspetti legati alla sindrome di Down, rappresenta un valido modello per l’analisi di altre malattie genetiche, come recentemente dimostrato per l’Alzheimer e per diversi tipi di tumore.

Ferdinando Fontanella

 

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